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lunedì 19 maggio 2014

Andiamo A Prendere Il Petrolio (la proposta di Romano Prodi)


L'importante articolo di Romano Prodi sulla possibilità di estrarre petrolio, in particolare in giacimenti di mare.

Di fronte alla persistente precarietà energetica a cui ci condannano le crisi internazionali, la proposta di Prodi appare importante, assolutamente da discutere in tempi molto brevi.

FMM


Come i governi precedenti anche l’attuale governo non sa dove trovare i soldi per fare fronte ai suoi molteplici impegni. Eppure una parte modesta ma non trascurabile di questi soldi la può semplicemente trovare scavando - non scherzo - sotto terra. Ci troviamo infatti in una situazione curiosa, per non dire paradossale, che vede il nostro Paese al primo posto per riserve di petrolio in Europa, esclusi i grandi produttori del Mare del Nord (Norvegia e UK). Nel gas ci attestiamo in quarta posizione per riserve e solo in sesta per produzione. Abbiamo quindi risorse non sfruttate, unicamente come conseguenza della decisione di non utilizzarle. In poche parole: vogliamo continuare a farci del male.

Nonostante l’attività di esplorazione delle nuove riserve sia ormai bloccata da un decennio, con un numero di metri perforati inferiori a un decimo di quelli del dopoguerra, l'Italia potrebbe - sulla base dei progetti già individuati - almeno raddoppiare la sua produzione di idrocarburi (petrolio e metano) a circa 22 milioni di tonnellate equivalenti petrolio entro il 2020. Solo con questo significherebbe alleggerire la nostra bilancia dei pagamenti di circa 5 miliardi di euro ed aumentare le entrate fiscali dello Stato di 2,5 miliardi ogni anno. Si attiverebbero inoltre investimenti per oltre 15 miliardi, dando lavoro alle decine di nostre imprese che operano in ogni angolo del mondo ma sono impossibilitate a farlo nel loro Paese.(...)



(...) Ha rotto un Tabù , Professore …
Beh insomma, non mi ero riproposto questo! Semplicemente, quando ho letto le dichiarazioni del Ministro degli Esteri della Croazia ho deciso di documentarmi. La conclusione che ho tratto dalla lettura è che se i dati dei Croati sono veri – e la controparte italiana mi ha confermato che lo sono - siamo davanti a un caso classico, quello di un bicchiere con una sola cannuccia. Meglio averne due di cannucce, non le pare? I dati ci dicono che ci sono altre situazioni in sviluppo nel Mediterraneo su cui si appuntano interessi per la estrazione. Mi sono dunque limitato ad analizzare il perché e a dire che, pur usando tutte le possibile precauzioni, non ci possiamo permettere di lasciare lo sfruttamento della nostra energia in mano altrui.
Nel dire questo lei però mette insieme una triade Prodi- Petrolio- Mediterraneo, cioè l’incrocio fra sinistra e trivellazioni su territorio italiano, che è stato un vero e proprio tabù negli ultimi decenni, una innominabile discussione.
Io dico l’ovvio. Quel giacimento di cui parliamo verrà sfruttato. I Croati sono pronti ad acquisirne i diritti e sono pronti industrialmente all’operazione. Se lo facciamo metà noi e metà gli altri è meglio , no? Ovviamente la sicurezza e la protezione dell’ambiente sono per tutti una priorità, il “principio di precauzione” ha la precedenza su tutto, ma la risposta ai rischi industriali non è il non fare, ma la capacità di governarli. Usando la testa, possiamo raggiungere livelli che ci danno sicurezza. (...)
La strategia. Quello che succede a sud è lo specchio di quello che avviene anche nel Nord dell’Adriatico. Mentre le concessioni italiane rimangono al palo, frenate da complicati iter procedurali e da una cascata di autorizzazioni (comprese quelle della Regione Veneto) per iniziare solo a pensare di installare una piattaforma, la Croazia ha messo il turbo ai suoi progetti di sfruttamento, in modo da anticipare Roma e accaparrarsi i migliori giacimenti nel mare comune.

giovedì 8 novembre 2012

Terrore Qaedista in Mali


AL ABAMAKO (Mali)- Bulldozer, mazze e picconi. Sono le armi con cui gli integralisti islamici, che occupano Timbuctu dal marzo scorso, stanno distruggendo l’immenso patrimonio artistico della «Perla del deserto». Ultimo bersaglio, il monumento all’Indipendenza che sorge al centro della città, preso di mira sabato dai qaedisti del Mali. Una statua di Al Faruk, leggendario protettore della «città dei 333 santi», incorniciata da una costruzione triangolare in muratura.

CONFLITTO INTERRELIGIOSO - Nell’oscurantismo praticato con sistematica violenza dai gruppi terroristici che hanno imposto la sharia su quasi due terzi del territorio del Mali, soltanto Allah può essere venerato. Così come in Tunisia e Libia distruggono mausolei sacri al sufismo (corrente spirituale dell’islam) e luoghi di culto musulmani e cristiani patrimoni dell’umanità “protetti” dall’Unesco. Tutto quello che è prova di culti più antichi e radicati del loro bieco salafismo o integralismo islamico, anche all’interno dello stesso islam, viene distrutto.

venerdì 24 agosto 2012

Eurobond: non più solo ostracismo (dal Sole24Ore)

«Il principale punto di forza della proposta Prodi sta nel fatto che il capitale sarebbe conferito in beni reali. Questo permetterebbe anche a governi meno liquidi come quelli dei paesi mediterranei, di potervi partecipare a pieno titolo, rafforzando la credibilità e attrattività di questi strumenti di debito. Si sfaterebbe così la falsa immagine dei paesi mediterranei come "free riders" dell'Europa, quelli che alla fine non pagano il conto. Il Sud Europa ci metterebbe le proprie risorse! Questo conforterebbe gli ambienti tedeschi più scettici che temono che alla fine la Germania pagherà per tutti». di Adriana Cerretelli - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/3UZgR  

domenica 18 dicembre 2011

Ricordi Di Beniamino Andreatta


E allora vale la pena di rievocare alcuni di quei "progetti" che al contrario andarono a buon fine. Come quando provò a scardinare un assoluto tabù, in quel lontano 1981. Lo fece in «splendida solitudine» in una compagine governativa in cui la cultura della stabilità finanziaria era non proprio ai primi posti. E fu una decisione storica, quella che condusse a esentare la Banca d'Italia dall'"obbligo" di acquistare i titoli del Tesoro non collocati sul mercato. Decisione assunta di concerto con il governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi, storica perché si riuscì a interrompere il circuito perverso del finanziamento monetario del disavanzo, causa primaria di quella pesante spirale inflazionistica che da anni attanagliava l'economia. Viaggiavamo a ritmi di inflazione del 20% con il deficit al 10 per cento. di Dino Pesole - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/Hqnt5
 
Fu un economista dello sviluppo, e anche un protagonista della storia dell'università italiana, da Trento ad Arcavacata che fondò, con Paolo Sylos Labini, nel 1972, nella convinzione che un campus di ispirazione anglosassone in quel di Cosenza potesse giocare un ruolo importante nello sviluppo del Mezzogiorno. Se di illusione si trattò, fu un'illusione riformista, modernizzatrice, meridionalista. Ne vide le contraddizioni, non si pentì di averla nutrita. Fu keynesiano, ma, come scrisse Edmondo Berselli, di un keynesismo almeno in Italia singolare, fondato su una forte inclinazione sociale, certo, ma anche sull'accettazione piena del mercato e della competizione. Fu cattolico e democristiano, consigliere economico di Aldo Moro negli anni del primo centrosinistra (1963-1968), a lungo parlamentare della Dc, una quantità di volte ministro. Ma fu un cattolico e un democristiano sui generis . Pronto a difendere anche con durezza e con un filo di superbia intellettuale la Dc, e assieme a fustigarne le pratiche correntizie e clientelari; e soprattutto, da ministro del Tesoro, a resistere a tutte le pressioni e a imporre, nel 1981, lo scioglimento e la liquidazione del Banco Ambrosiano. (...) Fu uomo della sinistra dc. Ma anche, caso non frequentissimo, profondamente e irriducibilmente anticomunista. Così anticomunista da candidarsi nei primi Ottanta, ovviamente senza fortuna, a sindaco di Bologna propugnando, del tutto controcorrente, una linea di accentuata austerità.(...)
 
Ora è qui per presentare una raccolta dei discorsi parlamentari di  Andreatta: qual è il loro tratto distintivo?
«Emerge la libertà di un pensiero estremamente originale, la forza personale nel sostenere idee e posizioni che da un lato mostravano un grande rispetto per il Parlamento, ma dall’altro sfidavano molto spesso il comune sentire dei singoli parlamentari. Andreatta aveva un modo di  interloquire sempre originale e coraggioso e tuttavia sempre fedele alla  linea presa. Il suo rispetto per il Parlamento era straordinario. Prendeva  sul serio ogni grande decisione ma anche i piccoli problemi che le Camere  dovevano affrontare, con spirito sempre illuminista e con, allo stesso  tempo una feroce razionalità e una fantasia senza freni».
 
Da presidente della commissione Bilancio del Senato Andreatta inisteva  sulla necessità di intervenire sul debito pubblico, argomento piuttosto  attuale oggi…
«Era capace di leggere in anticipo gli eventi e precederli con proposte motivate, anche se era provocatorio rispetto al pensiero dominante. Ha martellato durante tutti gli anni 80 sulla necessità di un assalto al debito pubblico, sull’abbattimento del deficit come condizione per la crescita, sul fatto che la severità vada richiesta al governo centrale come ai governi locali. Ricordo anche sue frasi tuonanti contro le promesse fiscali irrealizzabili, sull’errore di pensare, com’era allora convinzione nel Paese, che con l’inflazione si ungano le ruote del sistema. Diceva che ogni mancato aggiustamento oggi obbliga a una dura recessione domani».
 
Che peso ebbe il suo insegnamento nel rapporto costruito con l’Europa e  nell’entrata nell’Euro?
«Enorme, se si pensa che è stato proprio il suo martellare per quindici anni su questi temi che ha preparato l’opinione pubblica fino all’adesione all’Euro. A cominciare dal fatto, come diceva, che non possiamo avvicinarci all’Europa usando la svalutazione competitiva, uno strumento che distrugge l’anima di un Paese. Insisteva sull’europeismo senza compromessi ma aveva anche un’attenzione analitica per gli interessi del Paese».
 
Andreatta è stato ministro della Difesa del suo primo governo, durante il quale l’Italia ha portato avanti la missione Alba, in Albania: come si conciliava questo con i suoi valori religiosi?
«Quella denominata Alba è stata una grande missione di pace che ha in pochi mesi ricostruito uno Stato che stava candendo nella guerra civile. Nessuno pensava che un compito così importante e difficile potesse essere portato a termine in quattro mesi».
 

giovedì 8 dicembre 2011

Prodi: "Francesi e tedeschi devono smetterla di fare i maestrini" (laStampa)


(...) Oltretutto l'esibito consolato Merkel-Sarkozy oramai è un effetto ottico, che malcela la perdita di potere della Francia: la parità tra i due è un ricordo?
«Della debolezza della Francia si parla da qualche tempo nelle analisi dei circoli ristretti, ma quasi nessuno lo dice a viso aperto. Oramai quella a due è una costruzione artificiale. Lo dico avendo una alternativa nella testa. Mi attendevo che in questa situazione la Francia facesse la Francia, si rendesse conto della grande responsabilità verso altri Paesi, come l'Italia, la Spagna...»

Per fare un fronte anti-tedesco?
«Ma no, ci mancherebbe altro. La Francia avrebbe dovuto spingere per il ritorno ad una politica europea corale, ma questo non è nello spirito dell'attuale presidente francese».

Qualcuno sussurra che a breve potrebbe realizzarsi una paradossale convergenza di interessi tra diversi, tra Germania e Italia: fantapolitica?
«E su quale scambio si baserebbe questo nuovo asse? Noi, certo, ci siamo adeguati, perché nella vita ogni tanto capisci che se non vuoi morire, devi farti un'operazione. L'Italia si sta mettendo in sicurezza grazie ad un pacchetto pesante ma necessario. Ma la Germania è pronta a cambiare politica? In questo momento la Germania non mi sembra che voglia fare asse con nessuno».(...)