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sabato 11 maggio 2019

Clima: Fare in fretta? Fare bene (Gli Stati Generali)

Decisamente da leggere
FMM

"(...) Quindi la complessità è l’aspetto preponderante?

Sì, penso che la questione centrale da porsi in questo momento non sia tanto quella di fare in fretta, quanto piuttosto quella di fare bene. Nel movimento ambientalista, a cui sono sempre stato vicino, c’è una tendenza storica ad adottare un’impostazione catastrofista. Ricordo che agli inizi della mia carriera passai un paio d’anni in Australia. E’ un continente in cui le grandi compagnie minerarie detengono un potere enorme e creano grossi problemi all’ambiente. All’epoca collaborai con una ONG che mi chiese di realizzare uno studio sull’impatto ambientale di un nuovo impianto di estrazione e ricordo che ciò che mi colpì positivamente è che non mi chiesero di drammatizzare le possibili conseguenze della costruzione di quell’impianto, ma mi chiesero di fare uno studio scientifico, per quanto possibile oggettivo, dei suoi effetti sull’ambiente. Il catastrofismo può essere una comprensibile tattica per attirare l’attenzione della gente e spingerla ad agire, ma rischia di fare appello a quelle stesse paure su cui oggi la politica fa leva per cercare consensi, magari su temi come l’immigrazione, e allo stesso tempo di ottenere l’effetto contrario a quello desiderato, cioè di deprimere e di paralizzare le persone invece di spingerle a mobilitarsi.

Cioè in un certo senso è più facile chiedere alle persone di mobilitarsi se si evoca una sorta di Apocalisse?

Più facile per un verso e più difficile per un altro, come dicevo, ma credo che si debba rovesciare la questione e cioè che a prescindere dal fatto che ci sia un pericolo imminente dobbiamo porci il problema che ci sono dei limiti oggettivi nel rapporto tra uomo e natura di cui tenere conto se vogliamo vivere in un mondo e in una società dove l’intera umanità possa vivere bene. Già oggi il tema del cambiamento climatico ha effetti diversi a seconda di dove vivi. Se vivi in Europa lo senti meno che se vivi in quella parte dell’Africa in cui il deserto sta avanzando, mangiandosi ettari di terre un tempo coltivabili. Se dovessi fare una previsione penso che noi tra 11 anni vivremo più o meno come viviamo adesso, ma in altre regioni del mondo il peggioramento legato al riscaldamento terrestre sarà molto più percepibile. (...)"

domenica 30 marzo 2014

Sul presunto rapporto tra vaccini e autismo

Un appello importante de Le Scienze - segnalato fra gli altri anche dal CIPMO - contro il rischio di regresso sul problema della vaccinazione.

Contro le campagne dettate da paura e superstizione, paura e superstizione che per la verità trovano spazio anche per l'incapacità degli scienziati e forse soprattutto di molti espondenti della medicina più alta a farsi vicini umanamente alle sofferenze, ad ascoltare e non solo a trattare le persone come "casi".

Purtroppo è anche vero che spesso chiediamo alla medicina risposte che non può dare; in questo c'è uno spazio e nu tempo di "autoeduzcazione" che ognuno di noi deve darsi, per poter evitare di chiedere rispote impossibili, magari "di senso" ("perché proprio a me?") che non possono essere date dagli scienziati, ma solo dalla propria coscienza.

Ciò detto, aderisco convintamente all'appello. Di seguito anche una breve rassegna stampa sulla questione.




Meno speranze di guarigione ci sono, più certi medici diventano potenti. «Lo so, lo so, non è cambiato niente, dopo quella “cura naturale”. Però mettetevi nei miei panni, l’Asl mi ha detto: si tenga suo figlio autistico così com’è. Al massimo, le prescriviamo un ansiolitico». E lei, signora, cosa ha fatto? «Ho sbattuto la porta in faccia al dottore dell’Asl. Sono andata a casa, ho cercato su Google: vaccini e autismo. Subito salta fuori il nome di Massimo Montinari. Sono andata da lui. A quell’epoca riceveva all’American Hospital di Roma».
Lui è grande e grosso, un dottore con il vocione e la divisa da poliziotto. Si è arruolato a quarant’anni, ma non ha mai lavorato sulla strada. Ufficialmente, gastroenterologo. Fa il medico della polizia, al Reparto Mobile di Firenze. Fa, soprattutto, quello che promette, speranze ai genitori dei bambini malati di autismo: «Ti ascolta. Ti lascia sfogare fino alle lacrime. Ha buona capacità oratoria. Ti ripete frasi come: “I nostri bambini, i nostri bambini...”. Dice: “Ne verremo fuori”. Come fosse un problema suo. Lo vedi così autorevole, che vuoi credergli.(...)
​La decisione della procura di Trani di aprire un’indagine sui possibili effetti del vaccino MPR contro morbillo, parotite (gli “orecchioni”) e rosolia sta facendo molto discutere, e ha suscitato una dura reazione della comunità scientifica in Italia. Le indagini sono state avviate in seguito alla denuncia di una coppia di genitori, secondo i quali i loro figli sono diventati autistici dopo la somministrazione del vaccino. Alla base della denuncia c’è un vecchio e fraudolento studio scientifico del 1998, da tempo smentito da tutte le più importanti organizzazioni sanitarie del mondo compresa l’OMS e ritirato dalla stessa rivista The Lancet, che lo aveva pubblicato alla fine degli anni Novanta. Il timore è che le nuove indagini possano portare a una riduzione dei vaccini in Italia contro parotite, rosolia e morbillo, malattia che può avere complicazioni molto gravi.(...)
La contestata ricerca di Wakefield del 1998 fu sostanzialmente affossata insieme alla reputazione del medico nel febbraio del 2004, quando il giornale britannico The Sunday Times pubblicò un’inchiesta dove si dimostrava un conflitto d’interessi del ricercatore, che aveva ricevuto 55mila sterline da un gruppo di persone alla ricerca di prove sulla presunta dannosità del vaccino MPR per una causa legale da portare avanti. Wakefield si difese dicendo di avere ricevuto quel denaro per un’altra ricerca, ma a quel punto gli editori di The Lancet dissero chiaramente che l’autore dello studio avrebbe dovuto fare presente il suo conflitto d’interessi prima di proporre il suo lavoro per la pubblicazione.
Altre inchieste negli anni seguenti accusarono Wakefield di avere falsato diversi dati e di averne omessi altri, per portare elementi a sostegno della sua tesi sull’autismo tra i bambini vaccinati. Il General Medical Council (GMC), che nel Regno Unito controlla la professione medica, avviò un’indagine contro Wakefield, accusandolo di avere agito “disonestamente e irresponsabilmente”, conducendo test non regolari e agendo sotto un grave conflitto d’interessi.
In seguito agli sviluppi del caso, nel febbraio del 2010 The Lancet fece una cosa con pochi precedenti: ritirò completamente e integralmente lo studio che aveva pubblicato nel 1998 da tutti i suoi archivi. Nel 2012 con una sentenza dell’Alta Corte britannica, Wakefield fu radiato e gli fu vietato di proseguire la professione medica.(...) 
Semmai ci fosse (ancora) bisogno di verificare il peso e l’influenza della cultura scientifica in Italia, ecco arrivare, da una parte, le dichiarazioni del procuratore della Repubblica di Trani, balzato agli onori delle cronache per aver avviato un’indagine sul possibile legame tra vaccino trivalente e autismo. Dall’altra, le notizie su una prossima discesa in campo di diverse Procure, indifferenti ai pronunciamenti di esperti, autorità sanitarie, dello stesso ministro della salute, che hanno ribadito come manchi, allo stato attuale, ogni evidenza scientifica per sospettare un nesso di causa-effetto.
Ogni richiamo, ogni appello alla ragionevolezza ha avuto lo stesso ascolto delle proverbiali prediche di San Giovanni Battista nel deserto. Di certo non sembrano aver scalfito le certezze del procuratore di Trani che ha affermato di essersi basato - nientemeno – sul presupposto «che diverse sentenze del giudice del lavoro, competente per i risarcimenti, hanno accertato che esiste un nesso di probabile causalità». Aggiungendo di aver affidato la scelta dei periti ai carabinieri del Nas che si rivolgerà a «esperti di profilo internazionale e assoluta imparzialità». Affermazione che lascia indovinare, perlomeno, una mancanza di fiducia nel rigore e nell’obiettività di quelli che hanno condotto una mole di ricerche indipendenti in tutto il mondo, senza riuscire a trovare nessun legame tra vaccini e insorgenza della malattia. Continuano, intanto, a imperversare sul web i leader di movimenti anti-vaccinazioni che gridano al complotto delle multinazionali farmaceutiche. Mentre si levano le voci di avvocati che plaudono alla giustizia penale che si è «accorta» della correlazione potenziale vaccini-autismi. Spunta persino un’inedita specializzazione in «diritto sanitario minorile», qualunque cosa voglia dire.
 Il caso aperto dall’inchiesta della Procura di Trani non è certo il solo a chiamare ad una riflessione su quello che è successo, su cosa sta succedendo tra scienza e magistratura, tra medicina e giustizia.

giovedì 21 novembre 2013

Minicorso di scienza per politici (e non solo) (Anna Meldolesi)

Sarebbe bello se i politici fossero informati e aggiornati su tutte le materie scientifiche che di diritto o di rovescio toccano la sfera pubblica e il loro lavoro di policy-making, ma è impossibile. I cambiamenti climatici, le biotecnologie, la differenza che passa fra le terapie vere e quelle fasulle, la sperimentazione animale e via continuando. Le cose da sapere sono davvero troppe. E poi questo dovrebbe essere il lavoro dei consulenti scientifici, figure affermate nel mondo anglosassone e pressoché inesistenti da noi. Sarebbe utile però che i policy-maker (e non solo loro) capissero qualcosa di come funziona la scienza. In questo modo potrebbero fare le domande giuste agli scienziati e soprattutto potrebbero interpretare bene le loro risposte. Nature prova a contribuire con il numero in uscita oggi, pubblicando “Twenty tips for interpreting scientific claims”, a firma di W. J. Sutgerland, D. Spiegelhalter e M. A. Burgman. Ecco la lista dei concetti chiave per capire i risultati scientifici limitando al massimo i fraintendimenti. Comincio dal mio preferito.
La percezione di un rischio non rispecchia la sua entità. Spesso sovrastimiamo pericoli piccoli e remoti ma sottostimiamo rischi ben più grandi o più concreti. Magari viviamo sulle pendici del Vesuvio ma non ci fidiamo della sicurezza dei vaccini (l’esempio è mio, non di Nature). Le domande da fare sono: quanto è probabile che accada? Stiamo valutando correttamente i possibili danni e i possibili benefici legati alle nostre scelte?
La correlazione non implica causazione. Il fatto che due fenomeni si presentino insieme non significa che uno causi l’altro. Ad esempio se le alghe aumentano e i pesci muoiono, non è detto che siano le prime a uccidere i secondi. Dietro entrambi i fenomeni può esserci un terzo fattore.(...)

mercoledì 31 luglio 2013

L'importanza dei fatti, delle misurazioni indipendenti, della scienza

(...) I fatti sono un’invenzione recente, non c’erano nemmeno le parole per indicarli. Factum: quello che è stato fatto. Nel 400 d.C. San Girolamo tradusse il Vangelo di Giovanni, 1:14: Verbum caro factum est, E il verbo si fece carne. Factum: da fare, quello che è stato fatto. Non sono un latinista, anzi giusto per rispettare i fatti: per quattro anni sono stato rimandato al liceo. Prendo questa informazione da La stanza intelligente di Weinberger (Codice Edizioni). In alcuni periodi fatto significava fatto disdicevole. Poi è arrivato Bentham e l’utilitarismo. Nel 1819 la Casa dei Comuni britannica discusse un nuovo disegno di legge sugli spazzacamini. I progressisti sostenevano che non fosse giusto far lavorare i ragazzi con meno di 14 anni, mentre i conservatori insistevano che era meglio che i bambini lavorassero «anziché vederli alla prese con imbrogli e furti oggi così comuni tra i maschi di tenera età», come diceva Thomas Denman. Mr. Ommaney era convinto che per i giovani spazzacamini (di otto anni) non ci fosse nessun problema: lui li aveva visti, erano vivaci, allegri e contenti. E Denman rilanciava: a quell’età hanno pure la costituzione fisica perfetta per pulire i camini. I progressisti combatterono le impressioni di Ommaney esibendo delle prove fattuali, e cioè le statistiche mediche che affermavano altro: i giovani spazzacamini esibivano tutti i sintomi della vecchiaia precoce. Erano le statistiche a dirlo: statistiche, dalla radice stat,Stato: un insieme di informazioni di Stato, indipendenti da opinioni e conclusioni personali.
Adesso facciamo presto a dire i fatti e a prendere in giro le statistiche (anzi chi è che non cita Trilussa e il pollo) e l’utilitarismo, ma fino all’Ottocento avevano la meglio i ricchi che, per lo più, esercitavano il potere basandosi sulle proprie impressioni e sulla autorità che il proprio status gli attribuiva. Poi arrivò Bentham. Secondo Bentham il piacere e il dolore influenzano in uguale misura la nostra vita, quindi il criterio per giudicare un’azione è stabilire se produca «la massima felicità per il maggior numero di persone». Il principio di Bentham applicato al caso dei giovani spazzacamini significava, per esempio, che la felicità del duo Denman/Ommaney (usare piccoli di otto anni per pulire il proprio camino) non contava più della felicità dei ragazzini (poveri). Con questa nuova filosofia lo Stato non poteva più basare le sue azioni sulle impressioni di quelli come Ommaney (ho visto anche gli spazzacamini felici), ma doveva impegnarsi ad accrescere la felicità generale. Per prima cosa doveva capire com’era davvero la vita dei cittadini, c’era bisogno di fatti, e di metodologie per accertarli. Fu il tempo dei libri azzurri, i rapporti sulla povertà, la criminalità, l’istruzione. Libri pieni di aneddoti, storie, interviste e tabelle statistiche: fatti su fatti, e anche se i metodi statistici non erano così raffinati, alla fine hanno vinto i progressisti.(...)

venerdì 1 giugno 2012

Tutti Sbagliano


Averne avuti in passato e averne, anche in futuro, di ministri che ammettono gli errori... Certo, sarebbe meglio se questo governo smettesse alcuni atteggiamenti troppo distaccati e accademici, ma comunque lo stile di lavoro rimane al momento un esempio anche per coloro che verranno dopo. 

Speriamo che in futuro la retorica dello scontro politico (che il 99% delle volte si rivela scontro di parole inutili) non abbia la meglio e prevalga finalmente in Italia un approccio sperimentale, anti-ideologico, pragmatico. Scientifico, per dirla in una parola. 

Sarebbe - questa sì - una Grande Riforma di costumi, ben più profonda delle patacche istituzionali che ci vengono proposte. Ma ci torneremo in futuro.

L'importante è ora che venga riparato velocemente il torto fatto a quelle persone che - con brutta formula - sono state definite "esodati". 

Questione di giustizia, che non può essere ulteriormente rimandata.

Francesco Maria Mariotti

TUTTI SBAGLIANO -«È vero con gli esodati abbiamo sbagliato, tutti sbagliamo. Ma una cosa che vorrei ricordare- ha precisato- è che quando abbiamo fatto la riforma delle pensioni, l'abbiamo fatta in 20 giorni perchè il paese era sull'orlo di un baratro finanziario. Questo la gente l'ha già dimenticato. Non abbiamo avuto il lusso di un tempo di riflessione più lungo perchè altri governi in precedenza si erano presi il lusso di tempi di gradualismo eccessivi e molto molto lunghi. E noi abbiamo dovuto agire in fretta».