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venerdì 7 febbraio 2014

Sulla BCE Deciderà La Corte Europea

(...) E' la prima volta nella sua storia ultrasessantennale che la Corte di Karlsruhe rimanda un caso alla sede europea. Dopo un anno di lavoro, i giudici hanno espresso un parere secondo cui il piano Omt, che prevede l'acquisto di titoli pubblici di Paesi in difficoltà in cambio dell'adozione di un severo programma di riforme economiche, viola il mandato della Bce, ma non hanno trovato modo di arrivare a una sentenza contraria, nonostante durante le udienze pubbliche avessero manifestato una aperta opposizione, sostenuta dalla testimonianza del presidente della Bundesbank (...)

di Alessandro Merli, con un'analisi di Isabella Bufacchi - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/ZLQPe

(...) Per molti economisti il piano Omt è l'unica vera causa del reflusso della crisi dell'euro. Lo hanno chiamato il "bazooka" di Mario Draghi, a cui erano bastate tre parole ("Credetemi, sarà sufficiente") per cambiare le sorti dell'Europa. La Bce assicurava che avrebbe fatto di tutto per non lasciare nessuno indietro e salvare l'euro. Questo programma di azione, prima ancora di essere testato dai mercati - non è mai stato necessario attuarlo, non è stato speso un euro - viene ora testato dai tribunali. Draghi ha dovuto ribadire a cadenza pressochè quotidiana di agire all'interno del mandato della Bce. Non ha mai convinto la Bundesbank. Da subito il "falco" tedesco Jurgen Stark, ex membro della Bce, ha ribattezzato il piano Omt con le parole "Out of mandate transactions", ovvero "operazioni fuori dal mandato" originario di Eurotower.

Il dossier è stato per mesi sul tavolo della Corte Costituzionale tedesca fino alla decisione di oggi, una "mezza bocciatura" del piano con ricorso alla Corte di Giustizia europea. A giugno scorso, di fronte ai giudici della Consulta tedesca si sono trovati due vecchi compagni di studio: l'accusa affidata al presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, convinto che il piano Omt metta a rischio l'indipendenza della Banca centrale e favorevole anche a rivedere i trattati europei per limitare il raggio d'azione di Eurotower; la difesa, sostenuta dal componente (tedesco) del direttorio della Bce, Joerg Asmussen, rassicurante sulle misure anticrisi "necessarie, efficaci" e sull'operato di Mario Draghi "entro i confini del mandato".
Con il passare dei mesi, la Bundesbank si è trovata sempre più isolata. Anche nel Governo di Berlino le posizioni si sono ammorbidite gradualmente (...)
Proprio dalla "Città del Diritto" della Germania arriva oggi un verdetto contrario al piano di Mario Draghi: si osservano, spiegano i giudici della Consulta, "importanti ragioni per ritenere che il programma vada oltre il mandato della Bce e per questo infranga i poteri degli Stati membri, violando il divieto di finanziare i bilanci pubblici con la leva monetaria". La Corte, nell'annunciare il ricorso alla Corte europea di Giustizia, aggiunge però che "se interpretato in modo restrittivo" il piano Omt può rispettare la legge. Suggerisce in altre parole una via di compromesso: togliere il bazooka a Draghi, ma dotarlo di armamenti più leggeri. Ora la parola passa alla Corte del Lussemburgo che, fattore non secondario, impiega in media oltre un anno per esaminare e chiudere un dossier.
Perché allora le Borse registrano tutte performance positive? Come mai gli spread si riducono, con il differenziale del Btp sul Bund vicino ai 200 punti e il rendimento del Btp decennale sul Bund ai minimi dal 2006? Come mai, ancora, una notizia che solo alcuni mesi fa avrebbe gettato nel panico i mercati oggi viene accolta positivamente? (...)

martedì 17 dicembre 2013

L’effetto farfalla inquieta Draghi (da ilFoglio.it)

La partenza di Jörg Asmussen dalla Banca centrale europea è “un’enorme perdita per il Consiglio esecutivo e per me stesso personalmente. Andavamo molto, molto, molto d’accordo”. Mario Draghi non poteva essere più esplicito, ieri, davanti al Parlamento europeo, sulla decisione di Asmussen di abbandonare Francoforte per tornare a Berlino come sottosegretario al Lavoro in quota socialdemocratici nel governo Merkel III. C’è il pericolo di vedersi piombare nel board della Bce un super-falco tedesco, come l’attuale vicepresidente della Bundesbank Sabine Lautenschläger, favorita della coppia Schäuble-Weidmann per succedere a Asmussen. C’è il rischio di indebolire la posizione europeista della Bce sull’Unione bancaria, nel momento in cui i ministri delle Finanze negoziano gli ultimi dettagli del Meccanismo unico di risoluzione delle banche in crisi. Soprattutto, con il trasloco di Asmussen, Draghi perde un alleato formidabile di fronte all’opinione pubblica tedesca e un canale di comunicazione permanente e influente con Angela Merkel. “I contatti di Asmussen nel governo tedesco mancheranno sicuramente” alla Bce, ha spiegato l’economista di Ing Carsten Brzeski a Bloomberg: “Agiva come contrappeso, difendendo in modo convinto la linea della Bce”.(...)

A differenza di Weidmann, Asmussen non può essere classificato come un falco. Semmai rientra nella categoria sempre più rara di europeista convinto, pronto a utilizzare la creatività pur di preservare la zona euro nel suo insieme. Dopo aver difeso la Long Term Refinancing Operation (l’iniezione di liquidità da mille miliardi del dicembre 2011), Asmussen ha votato a favore dell’Outright Monetary Transactions (il cosiddetto “scudo anti spread” annunciato nel settembre dello scorso anno) e di due precedenti tagli dei tassi. Secondo i ben informati, senza i pranzi del lunedì a Berlino tra Asmussen e la cancelliera, sarebbe stato impossibile forgiare il patto tra Merkel e Draghi che nell’estate dello scorso anno ha permesso di salvare la zona euro con lo scudo anti spread. Non è un caso se era stato Asmussen a difendere davanti alla Corte costituzionale tedesca l’Omt dagli attacchi politico-giuridici-monetari di Weidmann.(...)

giovedì 8 agosto 2013

Possiamo Farcela Senza L'FMI (PressEurop - Les Echos)

(...) In realtà l'Fmi è intervenuto nella zona euro (Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro) per tre ragioni principali. La prima è che non era stato previsto nulla per affrontare una situazione di fallimento di uno stato della zona euro, e il Fondo era l'unico strumento finanziario disponibile per aiutare degli stati che avevano delle necessità di finanziamento a brevissimo termine.
La seconda era politica, l'Fmi doveva svolgere il suo ruolo di capro espiatorio, cioè di istituzione che esige delle condizioni impopolari per il risanamento, una cosa che gli stati della zona euro non erano pronti a fare da soli.
Terza e ultima ragione, l'indiscussa esperienza dell'Fmi nel concepire in poche settimane dei programmi economici. Un'esperienza che giustificava un sostegno del genere in una situazione così caotica.(...)
A questo punto non sarebbe il caso che la zona euro dicesse che può fare a meno dell'Fmi? La seconda moneta di riserva al mondo dovrebbe trovare la sua piena sovranità e mostrare che è capace di essere solidale e protettrice nei confronti dei suoi membri. Non ricorrere al Fondo avrebbe una duplice conseguenza. Prima di tutto finanziaria. Bisognerebbe infatti coprire le spese dell'Fmi in Grecia, Portogallo e a Cipro. Ma questi fondi sono adesso disponibili attraverso l'Ems.
In secondo luogo politica, poiché la zona euro sarebbe lasciata a se stessa e alle sue debolezze, soprattutto per quanto riguarda la debole coesione delle economie tra sud e nord. I governi hanno voluto dimostrare che la zona euro non era solo un’unione monetaria, ma anche un atto politico. Di conseguenza un gesto del genere assumerebbe un significato forte: dopo una fase difficile, la zona euro si dimostrerebbe pronta ad affrontare da sola le sue sfide (come per esempio l'annullamento o meno di una parte del debito sovrano della Grecia, questione che è oggeto di discussioni tra Fmi e zona euro).
Tuttavia prima di rinunciare al Fondo potrebbe essere adottata una soluzione intermedia. L'Fmi, come fa già in alcuni paesi, potrebbe firmare con gli stati della zona euro con cui ha concluso un programma di aiuti dei cosiddetti accordi di precauzione, ovviamente di concerto con la zona euro. Si tratta di accordi senza un aiuto finanziario ma sotto forma di firme in bianco sulla condotta della politica economica. Così la zona euro manterrebbe la sua autonomia finanziaria sfruttando al tempo stesso l'esperienza dell'Fmi. Si tratterebbe di una prima fase, perché in ultima analisi la zona dovrà affermarsi politicamente.