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venerdì 27 dicembre 2013

Sicurezza Europea - Il bicchiere mezzo vuoto della difesa (da AffarInternazionali)

(...) Il primo macro-tema riguarda l'efficacia e l'impatto della Csdp, ovvero gli obiettivi e il dove, come, quando, usare gli strumenti militari e civili di cui l'Ue e gli stati membri dispongono per la politica di sicurezza e difesa. Riprendendo il rapporto dell'attuale Alto Rappresentante Catherine Ashton, il Consiglio non dice quasi nulla di nuovo. Vi è solo un generico impegno da un lato ad aiutare attraverso la Csdp stati terzi a migliorare la loro capacità di controllo dei confini, e dall'altro a fare sistema con le attività Ue in questioni di cooperazione giudiziaria e di polizia per affrontare le questioni dell'immigrazione, della criminalità internazionale e del terrorismo. Un impegno che in ottica italiana ovviamente è più che benvenuto. (...)


Quanto alle capacità militari, il Consiglio sostiene in particolare quattro filoni di attività: velivoli a pilotaggio remoto (Remotedly Piloted Aircraft System - Rpas), capacità di rifornimento aereo, nuova generazione di comunicazioni satellitari governative e una roadmap di esercitazioni e training in ambito cyber-security.

Impegni più precisi sono espressi solo rispetto al primo filone. Si punta ad avere un Rpas europeo nel 2020-2025. Per farlo si pensa a: un programma per lo sviluppo di un Medium Altitude Long Endurante Rpas; la creazione di una comunità di utilizzatori - acquirenti e quindi finanziatori - tra gli stati membri interessati; sinergie con la Commissione per la cornice legale al fine di un'integrazione iniziale degli Rpas nel sistema di aviazione europeo dal 2016; appropriati finanziamenti alle relative attività di ricerca e sviluppo già dal 2014.(...)


Il Consiglio riconosce l'importanza della European Defence Technogical Industrial Base (Edtib) e di un mercato europeo della difesa integrato e competitivo. Importanza anche in termini di innovazione tecnologica, crescita economica e posti di lavoro per l'Europa. Tuttavia non si fanno grandi progressi. Lo stesso vale per le piccole e medie imprese. Sono riconosciute dal Consiglio come un motore di innovazione ed elemento chiave per la competitività dell'industria europea della difesa, ma non vengono presi impegni concreti a loro favore. (...)


Il Consiglio tornerà a occuparsi di difesa a giugno 2015, sulla base di un documento preparato a livello ministeriale a partire dai vari rapporti presentati da Commissione, Eda e Alto rappresentante. Si tratta cioè di un processo di medio periodo, che nelle sue varie tappe può avere un impatto più o meno significativo sulle capacità militari europee, sul comparto industriale e sulla politica europea di sicurezza e difesa. Molto dipenderà dalle azioni dei vari attori coinvolti.


Fermo restando che le decisioni fondamentali continueranno a dipendere dalla volontà politica dei principali governi europei, molto può essere fatto dalle istituzioni Ue e da altri soggetti pubblici e privati. Un ruolo non secondario è affidato al nuovo Alto rappresentante da scegliere nel 2014. Se avrà la personalità di un Don Abbondio, non c'è da aspettarsi un grande contributo da parte sua. Se la scelta cadrà invece su un Frà Cristoforo, potrebbe essere un'altra storia.


Sicurezza Europea - Non vedo, non sento, non parlo (da AffarInternazionali)

(...) Se a tutto questo aggiungiamo i grandi mutamenti strategici globali, della crescita della potenza cinese, anch’essa apparentemente orientata in senso fortemente nazionalista, al crescente orientamento della strategia americana verso il Pacifico, è a dir poco strano che gli europei non sembrino dedicare alcuna seria attenzione ai problemi della difesa e della sicurezza internazionale.

Eppure, malgrado numerosi esercizi sia in sede Nato (l’elaborazione di svariati “nuovi” concetti strategici) che nazionale (alcuni Libri Bianchi e altri documenti più o meno analoghi), non si è aperto alcun grande dibattito.

La riprova è nella mancanza di direzione strategica della politica estera, di sicurezza e di difesa dell’Ue, che pure era al centro dell’ultima revisione dei Trattati varata a Lisbona.

Sono state create alcune strutture operative, inclusi un “servizio di azione esterna”, una “agenzia di difesa europea”, svariati “battlegroups” e altre forme di cooperazione, sono state intraprese numerose missioni di gestione delle crisi, sia civili che militari, ci si è impegnati nei Balcani e in Afghanistan, tuttavia non si è tentato di rivedere, aggiornare e approfondire l’unico documento strategico approvato dal Consiglio Europeo il 12 dicembre del 2003, che va sotto il titolo di Strategia di sicurezza europea, ovvero “Un’Europa sicura in un mondo migliore”.

Global strategy

Quel documento presentava l’Ue come un attore globale pronto a condividere la responsabilità della sicurezza internazionale e della costruzione di un sistema di governo globale.

Nessuno ha mai rinnegato esplicitamente tali ambizioni, ma nessuno ha mai neanche tentato di renderle operative. Di più, ogni volta che è apparsa evidente la necessità di riprendere in mano quel documento per aggiornarlo, identificare le priorità strategiche e approntare i mezzi e le metodologie necessarie per applicare tale strategia di sicurezza, i paesi membri hanno rifiutato di farlo.

Ora però, il progressivo declino delle capacità militari europee e l’aggravarsi dello scenario globale, in particolare nelle regioni attorno all’Ue rendono la cosa più urgente e necessaria.

L’ottimismo che consentiva di iniziare il documento del 2003 con la frase “l’Europa non è mai stata tanto prospera, tanto sicura e tanto libera” non è più replicabile oggi.

Ma se gli europei continueranno a nascondersi all’evidenza, nessuna politica di sicurezza e difesa comune sarà realmente possibile e il quadro strategico europeo continuerà a degradarsi. 

mercoledì 25 gennaio 2012

Cosa sta succedendo in Libia?


Cosa sta succedendo in Libia? Si è già scritto dell'invio a parte degli Stati Uniti di contractor per tentare di gestire la difficile fase di transizione. 
La questione è assai delicata, ma quando si parla di contractor si intende - generalmente - soldati gestiti da imprese private (l'uso del temine mercenari rischia di essere fuorviante), che stipulano accordi con i governi di tipo "outsourcing", relativi a compiti di sicurezza che per vari motivi i governi stessi non possano/vogliano gestire direttamente.

Il timore che accompagna l'azione di queste compagnie - quasi sicuramente già presenti in Libia dai tempi della guerra - è che esse, in quanto non inquadrate negli eserciti regolari, abbiano meno vincoli alle loro azioni e siano meno controllabili.

D'altro canto, dal punto di vista italiano nostri militari (regolari, si badi) addestreranno le forze libiche.  
In questo senso cinicamente potremmo dire che la confusione aiuta un nostro reinserimento nel gioco.

In ogni caso si hanno ulteriori elementi, in questi giorni (si vedano gli articoli proposti qui sotto), per dire che la sciagurata idea di far fuori Gheddafi si sta confermando un drammatico errore.

Occorre ricominciare dai fondamentali: non si abbatte un regime se non si ha la capacità di gestire le fasi successive; non si fa la guerra se non si è capaci di occupare effettivamente il territorio su cui si combatte per tutto il tempo necessario; e, da ultimo: uno stato in piedi - per quanto dittatoriale - è meglio di una guerra civile incontrollata.

Poche cose da tenere a mente, a futura memoria.
Sperando che la "nuova" Libia tenga, e non ci faccia versare lacrime ben più amare del passato.

Francesco Maria Mariotti

(...)Responsabili delle violenze delle ultime settimane sono ex miliziani che fino alla caduta del regime hanno combattuto a Tripoli, Sirte e Misurata contro i lealisti di Gheddafi. Si attendevano una ricompensa per i loro servizi, ma oggi pensano di essere stati messi da parte dai nuovi leader e temono che non troveranno sbocchi professionali per poter vivere dignitosamente. (...) Quel che è certo è che la pacificazione promessa è ancora molto lontana e che la guerra civile, come ha ammesso lo stesso Jalil, è ormai una realtà. 
Un centinaio di militari italiani sbarcheranno in Libia per dare vita all'operazione Cirene, missione di addestramento e consulenza destinata alle forze armate e di sicurezza libiche. Forze la cui consistenza e inquadramento sono al momento solo teorici considerato che decine di milizie che hanno combattuto Gheddafi restano armate e si fronteggiano a Tripoli e in alter località del Paese mentre nella Cirenaica Orientale è segnalata la presenza di una milizia di al-Qaeda forte di almeno 200 miliziani. La nomina del nuovo comandante delle forze armate, il generale in pensione Yousef al-Manqoush , non è stata riconosciuta da molte milizie incluse quelle islamiche e di Zintan e Misurata con il rischio di una guerra civile paventato già più volte dallo stesso Jalil. di Gianandrea Gaiani - Il Sole 24 Ore - leggi su Soldati italiani per addestrare le forze libiche

In Libia non esiste ancora un unico esercito nazionale e il risultato è il perdurare delle bande armate nel Paese. Il Cnt ha già commesso due errori: non ha evitato una giustizia sommaria e non riesce ancora a garantire sicurezza, scrive Arturo Varvelli, ricercatore all'Istituto per gli studi di politica internazionale. Un ulteriore problema è costituito dalla legittimità del governo: che è scarsa all'interno ma compensata da una forte legittimazione esterna. Le elezioni della Costituente di giugno appaiono ora troppo lontane. Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/gli-amici-della-nato-governano-libia-ma-fanno-disastri#ixzz1kU6vcGoE

Vd. Anche