Non sarà una riforma autoritaria, come denunciano alcuni esponenti in un appello pubblico, ed è bene vedere il testo che verrà proposto nei prossimi giorni, sperando chiarisca le idee confuse che sono girate in questi giorni.
Però la fretta è cattivissima consigliera nelle riforme costituzionali: un conto è smontare il CNEL, un conto è l'"abolizione" del Senato. Ritoccare il Testo fondamentale della nostra Repubblica con approssimazione non porta alcun beneficio, e rischia di creare disequilibri nel funzionamento complessivo dello Stato.
Un tempo i partiti della sinistra erano fin troppo timorosi degli eccessivi poteri attribuiti ad alcune figure. Oggi il principale partito della sinistra sembra allinearsi senza troppe remore alla "fretta" del suo leader, addirittura richiamando il Presidente del Senato alla disciplina di partito...
Per riscrivere la Costituzione bisogna essere in grado di "trascendere se stessi, i propri interessi particolari" (vd. intervista del 2010 a Zagrebelsky, che riporto qui sotto). Oggi questa riforma sembra tutta segnata dall'urgenza del particolare, dell'interesse al successo di una strategia politica, della necessità di "far vedere" che si cambia in un qualsiasi modo.
No, non si tocca così la Carta di tutti. Fermiamoci a riflettere.
Francesco Maria
Ebbene le proposte oggi in discussione si muovono in una prospettiva molto diversa: l’obiettivo sembra molto più semplice, eliminare la seconda Camera o comunque farne un organo sostanzialmente inutile o inefficiente. Si pensi in primo luogo alla composizione che mette insieme la rappresentanza di interessi diversi se non contrapposti come quelli delle Regioni e dei Comuni, secondo un modello che non esiste in nessuna parte del mondo.
Si pensi, in secondo luogo,all’incertezza che c’è circa il “peso” che questi nuovi senatori avrebbero: possibile che un sindaco di un Comune di qualche migliaia di abitanti “pesi” come un Presidente di una grande Regione? Ma, soprattutto, i dubbi riguardano più in generale l’utilità di quest’organo, che in teoria dovrebbe consentire la prevenzione dei conflitti “legislativi” tra Stato e Regioni, quando contestualmente la proposta modifica del Titolo V di fatto azzera la potestà legislativa regionale, riconducendo alla potestà esclusiva dello Stato quasi tutto ciò che può essere oggetto di disciplina legislativa ed elimina la potestà legislativa concorrente delle Regioni.
Professore, ma che cosa è una Costituzione?
«È lo strumento attraverso il quale ci diamo una forma di vita comune. Sottolineo il comune. Per darsi una Costituzione bisogna riuscire a trascendere se stessi, i propri interessi particolari. Benedetto Croce, all’inizio dei lavori dell’Assemblea costituente avrebbe voluto che si svolgessero sotto il segno del Veni Creator Spiritus. Aveva suscitato stupore che tale invocazione provenisse proprio da uno dei massimi esponenti della cultura laica. Ma non aveva nulla di clericale. Era la consapevolezza che ci si accingeva a un’opera che ha qualcosa di sovrumano. Fare, o cambiare, la Costituzione non è fare una legge qualunque. Oggi si crede che chiunque possa mettere mano alla Costituzione, che basti volere e poi scrivere quel che s’è voluto, come una legge qualunque.
Che ingenuità e presunzione! Se si fa così, si creano mostri, dei quali, prima o poi, ci si pentirà. Un tempo si pensava che le costituzioni fossero opera della Provvidenza (De Maistre) o dello Spirito incarnato nella storia (Hegel), cioè per l’appunto di forze sovrumane. Oggi si pensa altrimenti, ma resta la questione: la Costituzione è fatta per valere nei confronti degli stessi che la fanno. Bisogna credere che questi, soggetti particolari, siano capaci di uscire dal bozzolo dei loro interessi e provvedano per il bene di tutti».
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