mercoledì 19 marzo 2014

F35 Sì, F35 No, Comunque Abbiamo Bisogno Di Aerei

Di seguito presento una breve rassegna stampa, con articoli anche non scritti negli ultimi giorni, sulla questione F35. E' comprensibile che in una situazione economica grave come quella che stiamo vivendo si pensi di tagliare su un comparto che a molti appare inutile, se non addirittura odioso, per alcuni.  In fondo l'alternativa "burro/cannoni" è di quelle che abbiamo imparato tutti, in qualche modo, come base dell'economia. 

Il calcolo però è inevitabilmente più complesso, e l'investimento nel settore militare - per quanto oneroso - è ineludibile, per uno stato che voglia farsi carico della propria sicurezza e delle proprie responsabilità nel mondo. 

Giusto discutere se il programma F35 sia quello più adatto, ma che siano quelli o altri aerei, un aggiornamento delle nostre dotazioni sembra necessaria. 

Perciò meglio evitare false alternative: non salveremo il nostro stato sociale rinunciando a migliorare la nostra capacità di fare la guerra. Anche perché forse presto saremo chiamati di nuovo alla prova.

Francesco Maria Mariotti


Si può ovviamente discutere se, quanto e come l’utilizzo delle Forze armate, in particolare della componente aerea, sia stato utile o no per tutelare gli interessi nazionali in questa o quella missione, o a promuovere il ruolo dell’Italia in ambito Nato ed Ue e il rapporto con gli alleati. Ma di certo, se si rottamano 253 caccia da attacco al suolo tra Tornado, AMX e AV-8B, ma non si acquisisce un sostituto, l’Italia resta senza aeronautica. E resta anche senza la possibilità di utilizzare l’aviazione imbarcata della marina, ed in particolare la Garibaldi e la Cavour che diventerebbero delle portaerei senza aerei. Occorre ricordare che in Afghanistan per sei anni, dal 2007 in poi, anche l’esercito ha beneficiato di un significativo e costante supporto dei caccia italiani quando ha dovuto rispondere alle imboscate della guerriglia o garantire la sicurezza delle vie di comunicazione - con oltre tremila sortite aeree e 8.450 ore di volo in teatro da parte di Tornado e AMX. Uno scenario di sostegno aereo a truppe di terra non si può affatto escludere in futuro, né si può escludere l’impiego di velivoli dalle portaerei nel caso non vi fossero basi disponibili a terra. L’acquisizione degli F-35 per aeronautica e marina è pertanto intimamente legata alla capacità di usare il potere aereo quando necessario. (...)
Se si ritiene che l’aeronautica e l’aviazione della marina siano ancora utili, e che debbano continuare a svolgere il ruolo svolto negli ultimi 24 anni, allora occorre ragionare su possibili risparmi che non intacchino la capacità operativa delle Forze armate. Un ragionamento già iniziato con la riforma approvata nel dicembre 2012, che prevede entro il 2024 un taglio del 30% delle infrastrutture militari, specie le piccole caserme oggi inutili, e una riduzione di 43.000 unità del personale del Ministero della Difesa. Riforma di fatto tradita dal decreto attuativo approvato dal Parlamento a inizio 2014. È quindi meritoria l’intenzione di riavviare la razionalizzazione della spesa militare a partire dalla dismissione di centinaia di caserme e presidi territoriali, inutili per le missioni che le Forze Armate devono e dovranno svolgere. Altrettanto meritoria è l’intenzione di elaborare un Libro Bianco della Difesa che discuta compiti, livello di ambizione, linee di sviluppo e necessità di procurement dello strumento militare in un’ottica europea e di medio periodo. Senza tale riforma e razionalizzazione, si rischia in ambito militare non solo di avere un’auto d’epoca inutilizzabile, ma di pagare anche i costi del personale in divisa che gli fa la guardia in garage.

Ora veniamo alle questioni più profonde. Una volta accettato che tutti i Paesi al mondo hanno un’aeronautica militare equipaggiata con aerei moderni, la domanda riguarda l’opportunità di acquistare l’F-35/Lightning II Joint Strike Fighter, di solito chiamato solo F-35 o JSF.
Innanzitutto, l’attuale flotta aeronautica italiana è composta principalmente da tre velivoli:
  • il Tornado Panavia, progettato nel 1968 e in costruzione dalla fine degli anni ’79;
  • l’AV-8B Harrier II plus, progettato negli anni ’70 come evoluzione di un precedente modello e costruito a partire dagli anni ’80;
  • l’Eurofighter Typhoon, progettato a inizio degli anni ’80 e iniziato a costruire a partire dalla metà degli anni ’90.
Facciamo una discussione semplice, così che chiunque la possa capire. Qualcuno si ricorda la FIAT Ritmo? Ecco, quelli sono i nostri Tornado. Qualcuno si ricorda la FIAT 127? Quelli sono i nostri Harrier. La Fiat Brava? I nostri Eurofighter.
E’ chiaro dunque che bisogna rinnovare le nostre flotte, a meno di non voler credere che gli attuali mezzi a nostra disposizione siano all’avanguardia. La domanda, dunque, è sul come rinnovare.
Signor PresidenteSignori Ministri, di fronte alle tre possibilità, Competere esprime la propria perplessità sull’ipotesi politicamente più semplice, la prima, che apre però ad enormi rischi. In primis, perché determinerebbe una cannibalizzazione delle risorse a disposizione delle Forze Armate nella falsa prospettiva di un loro potenziale ma inverosimile reimpiego in altri comparti dell’economia italiana. Perciò Competere condivide la linea adottata del Ministro Pinotti, che proprio ieri ha ammonito: “guai se passa l’idea che la Difesa sia il bancomat da cui attingere risorse”.

Per questo Vi chiediamo un intervento coraggioso ed inequivocabile, un messaggio, dalle Forze Armate al cittadino, che faccia presente al Ministero dell’Economia e delle Finanze che tagliare unicamente o in gran parte le spese della Difesa significherebbe colpire in modo irrazionale anche capacità essenziali, oltre a cauterizzare uno dei pochi settori in crescita della produttività italiana.
Generale, perché si pensa nuovamente di tagliare il programma F-35?

I motivi sono ideologici, più che economici. Tanto è vero che sono in molti a sostenere che dovremmo acquistare Eurofighter e non F-35. A loro dico che: a) sono due velivoli con caratteristiche diverse, non intercambiabili, il primo serve a difendersi, il secondo ad attaccare; b) Gli F-35 costano, a inizio programma, molto meno che gli Eurofighter al termine della produzione e hanno anche minori costi operativi per ore di volo; c) È vero che gli Eurofighter sono prodotti da un consorzio di quattro Paesi tra i quali c’è anche l’Italia con una quota del 21%. Proprio questo significa che se oggi ne ordinassimo un quantitativo spendendo ad esempio 100 – e gli altri Stati del consorzio non facessero lo stesso in proporzione -, noi avremmo sì un guadagno di 21, ma il restante 79 andrebbe ad altri Paesi. Con gli F-35 invece si è sul mercato in modo aperto, per un numero di commesse che potrebbe essere potenzialmente estesissimo. Non mi stupirei di scoprire che alla fine del programma Jsf, facendo i conti, avremmo avuto lavoro per una cifra superiore a quella spesa per acquistare i nostri velivoli.
Quando il governo Monti nel 2012 tagliò il numero di velivoli da 130 a 90 portò a casa una minore spesa di circa 3,5 miliardi. In conseguenza – come previsto dagli accordi tra governi e aziende partner – il numero delle ali affidate all’opera di Alenia è sceso da 1200 a 800 unità. Con un mancato introito di oltre 4 miliardi. Dimezzare l’ordine degli aerei adesso che l’Italia ha già investito 1,9 miliardi in ricerca e sviluppo e 1,7 in investimenti produttivi (l’investimento complessivo nel programma Jsf è già all’80%) rischia di avere impatti ancora più pesanti. Per ogni aereo tagliato (al valore attualizzato del 2018) ci sarebbe una minore spesa di circa 80 milioni di dollari e minore valore aggiunto per l’industria italiana della Difesa e per l’indotto di poco più di 150. Quasi il doppio. I numeri sono semplicemente la proiezione dello studio diffuso a fine febbraio da Pwc (PricewaterhouseCoopers) che ha calcolato l’impatto del programma Jsf sull’economia italiana (15,8 miliardi di valore aggiunto complessivo). Senza contare che prima del 2018, anno in cui entra nel vivo la produzione e che darebbe all’Italia i veri ritorni sul PIL, non è possibile disimpegnarsi dal programma. Semmai si potrebbe diluire il numero di velivoli già ordinati.
Oggi Lockheed Martin ha annunciato che i primi componenti alari prodotti da Alenia Aermacchi e installati su un F-35 Lightning II hanno effettuato il loro primo volo lo scorso 6 marzo. I componenti sono stati installati a bordo dell’AF-44, un velivolo della variante F-35A a decollo e atterraggio convenzionale, che ha compiuto il primo volo di controllo presso l’Air Force Plant 4 di Fort Worth, Texas. L’AF-44 sarà consegnato alla U.S. Air Force prima della fine dell’anno. “Per anni, Alenia Aermacchi ha dimostrato la propria capacità di produrre componenti avanzati sia per velivoli civili sia per aerei militari ad elevate prestazioni”, ha affermato Debra Palmer, Vice President Lockheed Martin e General Manager dello stabilimento FACO (Final Assembly and Checkout) in Italia. “Quanto la Società sta realizzando nell’ambito del programma F-35 Lightning II è un’ulteriore conferma del suo ruolo di leadership in un ambito altamente specializzato della produzione di velivoli”.
I pacifisti vorrebbero tagliare le spese militari senza rendersi conto, nel loro furore ideologico, che far passare il concetto che lo Stato possa abdicare a una delle sue funzioni (la Difesa) costituirebbe un pericoloso precedente che domani potrebbe venire allargato a settori più “sociali” della spesa pubblica. La Difesa sostiene che l’aereo è indispensabile ma non si capisce bene a che cosa perché nessuno ha mai delineato in modo preciso cosa pretenda l’Italia dalle sue forze armate. Ammesso che l’F-35 riesca a superare tutti i numerosi difetti che ancora lo caratterizzano e diventi un aereo da attacco invisibile ai radar, sofisticatissimo ed efficacissimo siamo certi di potercelo permettere? Perché non basta dire che i costi dell’aereo americano sono elevati (e probabilmente cresceranno ancora) senza ricordare che il bilancio della Difesa di questo e dei prossimi anni stanzia un po’ di denaro per acquistare nuovi mezzi moderni ma lo fa a discapito dei fondi per l’Esercizio, cioè per manutenzione, carburante e addestramento. Ha quindi senso acquistare gli F-35 per tenerli chiusi in hangar per mancanza di benzina e manutenzione come già accade per molti aerei, mezzi e navi oggi in servizio? La domanda sembrano porsela gli olandesi chiedendosi se abbiano davvero bisogno di un velivolo di quinta generazione o non sia sufficiente uno più gestibile e meno costoso di quarta generazione aggiornato con le ultime tecnologie (il cosiddetto 4++). L’Olanda è uno dei Paesi che hanno avviato una seria riflessione sulla loro adesione al programma ma tra questi non figura l’Italia dove si affrontano in modo “calcistico” due squadre che rappresentano i fans dell’F-35 contrapposti a pacifisti e populisti uniti dallo slogan “più burro e meno cannoni”. Come Analisi Difesa ha più volte evidenziato sul programma F-35 esistono molti interrogativi senza risposta anche a causa della discordanza tra le informazioni diffuse dai protagonisti del programma. Nei mesi scorsi il nostro web magazine aveva rivelato che i costi annunciati nel febbraio 2012 dalla Difesa erano già saliti considerevolmente ma oggi il problema dell’affidabilità delle cifre fornite si ripresenta. In una recente conferenza stampa Lockheed Martin ha annunciato che entro il 2018 l’F-35 costerà 67 milioni di dollari a esemplare. A dicembre però il Ministero della Difesa italiano aveva informato il Parlamento che a partire dalle consegne in programma nel 2021 alla nostra Aeronautica e alla nostra Marina, la versione convenzionale dell’aereo costerà 83,4 milioni di dollari (64,1 milioni di euro), e quella a decollo corto e atterraggio verticale 108,1 milioni di dollari (83,1 milioni di euro). Differenze non di poco conto forse spiegabili col fatto che l’Italia deve negoziare con il governo statunitense il prezzo degli aerei mentre Lockheed Martin fornisce i costi relativi ai velivoli prodotti per il Pentagono? (...)
Qualcuno può spiegarci perché dovremmo continuare a essere buoni clienti di costosi e traballanti programmi americani quando Barack Obama applica lo slogan “buy american” su tutte le commesse militari e negli ultimi mesi il Pentagono ha tagliato i contratti per i velivoli cargo italiani C-27J destinati alla Guardia Nazionale statunitense e G-222 acquisiti per le forze afghane? Non sarebbe meglio investire sui nostri prodotti adottando la versione da attacco del Typhoon e finanziando lo sviluppo di droni da combattimento europei con programmi che coinvolgono pienamente la nostra industria ? Con un bilancio della Difesa più che doppio di quello italiano i tedeschi non acquisiranno l’F-35 ma utilizzeranno un solo aereo per l’intercettazione e l’attacco, il Typhoon di cui sono anche loro produttori. L’Italia invece avrà una doppia linea di velivoli, Typhoon ed F-35, con un raddoppio dei costi logistici che non possiamo permetterci con gli attuali budget della Difesa. Una scelta “alla tedesca” ci permetterebbe di salvaguardare meglio la nostra industria e i posti di lavoro acquisendo solo una ventina di F-35 nella versione B a decollo corto e atterraggio verticale davvero indispensabili per la portaerei Cavour. Su questi interrogativi e su questi temi vorremmo vedere svilupparsi un confronto che coinvolga anche quanti pretendono di guidare l’Italia.

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