lunedì 9 gennaio 2012

Guerra Non di Missili, Ma di Monete (da ilFoglio)


(...) Lo spread tra il tasso di strada e il tasso ufficiale è la reazione dell’economia reale dell’Iran alla legge firmata sabato dal presidente americano, Barack Obama, che punisce le transazioni con la Banca centrale di Teheran. Le nuove sanzioni entreranno in vigore tra 60 giorni e l’applicazione più stretta comincerà tra sei mesi: in sostanza mettono tutti – anche le Banche centrali dei governi – davanti a una scelta definitiva: chi fa affari con la Banca centrale iraniana non può più fare affari con gli Stati Uniti (che hanno un mercato da cui nessuno vuole chiudersi fuori). Il presidente Obama si è concesso una clausola che gli consente permessi temporanei da 120 giorni per ragioni di interesse nazionale o per salvaguardare la stabilità del mercato energetico, e una seconda clausola esclude le sanzioni contro paesi che abbiano già tagliato gli affari con l’Iran

Si tratta di misure già imposte alle imprese americane, ma ora l’Amministrazione spera di essere seguita anche dai paesi europei, per renderle più efficaci. Considerato che dalla Banca centrale dell’Iran, la Banca Markazi, passa il denaro pagato dai governi e dagli acquirenti stranieri per onorare i contratti petroliferi e che quel denaro è l’80 per cento dei proventi del governo, è come se Washington stesse per bloccare lo Stretto di Hormuz economico degli iraniani, non in mare ma negli uffici del Mirdamad Boulevard nella capitale. 

Le sanzioni fanno parte del National Defense Authorization Act, un pacchetto di leggi contro il terrorismo, ma rischiano di avere riflessi importanti sul mercato del petrolio e di conseguenza anche sull’economia mondiale(...)
 

(...) Il governatore Mahmoud Bahmani ha gettato agli acquirenti iraniani 200 milioni di dollari in un giorno per fermare la svalutazione, il governo ha dato pubbliche rassicurazioni sul fatto che la moneta si è ripresa il 20 per cento del suo valore. L’economia reale però non mente e se la settimana scorsa nei negozi della capitale si poteva trovare l’iPhone 4 da 16 giga della Apple per 9.400.000 rial, due giorni fa il prezzo è salito a 14.500.000 rial (il prezzo vero è rimasto invariato, attorno ai 650 dollari americani). Gli iraniani perdono fiducia nella moneta nazionale e tentano di liberarsi del capitale in rial e di passare ad altri asset, come il dollaro americano o persino, in mancanza di meglio, l’acciaio, che tende a conservare meglio il suo valore in confronto al soldo. 

Così, mentre i lanci dell’agenzia di stato Fars dicono che “una portaerei americana scappa dal Golfo inseguita da unità navali dell’Iran”, i cambiavaluta nella capitale alzano sulla porta il cartello “chiuso” oppure lavorano a mezzo servizio con l’ordine di non vendere dollari alla gente che già si organizza in lunghe file. “Supremazia”, così il regime ha chiamato i dieci giorni di esercitazioni navali nello Stretto di Hormuz per mostrare i muscoli alla Quinta flotta degli Stati Uniti nel Golfo, si conclude con il divieto materiale fatto agli iraniani di comprare dollari americani(...)
 

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