Già in novembre - a partire dalle parole del Capo dello Stato - ho scritto sull'idea di dare la cittadinanza ai figli degli immigrati, esprimendo alcune idee sul fatto che questa giusta proposta andava contemperata alla situazione attuale del paese, costruendo su questa idea un nuovo patto sociale.
La cittadinanza oggi è un patrimonio da condividere lavorando su un progetto comune.
Segnalo in questo senso l'articolo - problematico, ma molto lucido e interessante - di Giovanna Zincone: su questo tema è sconsigliabile muoversi in un'ottica esclusivamente valoriale, ma è necessario valutare i molti fattori che incidono sui processi di integrazione.
La cittadinanza oggi è un patrimonio da condividere lavorando su un progetto comune.
Segnalo in questo senso l'articolo - problematico, ma molto lucido e interessante - di Giovanna Zincone: su questo tema è sconsigliabile muoversi in un'ottica esclusivamente valoriale, ma è necessario valutare i molti fattori che incidono sui processi di integrazione.
Francesco Maria Mariotti
"(...) Ma se non convincono le motivazioni di chi, in materia di cittadinanza, non vuol concedere nulla, suscitano dubbi anche quelle di chi vuol dare tutto e subito. Quest'ultima è la posizione dei promotori del referendum di iniziativa popolare: la loro legge attribuirebbe la cittadinanza ai figli di immigrati che hanno un soggiorno regolare anche solo da un anno. Mi sembra poco per stabilire se quella famiglia con il suo bambino vorrà davvero vivere nel nostro Paese, né mi sembra in grado di far quagliare intorno a sé una maggioranza parlamentare. C'è spazio però per soluzioni bipartisan intermedie, già emerse, che collegano la concessione della cittadinanza a un ragionevole tempo di soggiorno regolare dei genitori o del bambino stesso.
Ho sostenuto prima che facilitare l'accesso alla cittadinanza può aiutare a integrare, pur se non è l'unica determinante. Sono molti i fattori che incidono sui processi di integrazione: l'istruzione, l'apertura del mercato del lavoro, la congiuntura economica. Non sappiamo quale sia il peso specifico della cittadinanza in questo processo, perciò è difficile elaborare in questo campo quella linea di azione che Weber predilige e definisce «razionale allo scopo», cioè orientata a valutare i mezzi e la loro capacità di ottenere risultati. Ma è anche impossibile in questa materia evitare di agire con un orientamento ai valori, un comportamento pubblico in cui Weber, come Sartori, vede a ragione rischi di derive ideologiche.
A mio avviso, però, in certi ambiti la coerenza ai valori è un ingrediente non solo inevitabile, ma salutare, purché la si coniughi con la razionalità strumentale, la ricerca di mezzi adeguati. Dagli orientamenti rispetto alla riforma della cittadinanza in Italia traspaiono valori di fondo, atteggiamenti emotivi distanti: una maggiore simpatia o antipatia per gli immigrati, una maggiore fiducia o sfiducia rispetto a sistemi politici e sociali aperti.
Come suggerisce Weber esplicito i miei valori: confesso di appartenere al secondo gruppo. Ma non dimentichiamo la buona, vecchia, prudente razionalità strumentale. Simpatizzare per gli immigrati, auspicare una società aperta non basta, se non si individuano soluzioni capaci sia di ottenere i consensi politici necessari nell'immediato, sia di funzionare bene per il futuro. Non basta essere puri come colombe se non si è anche astuti come serpenti."
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