(...) In questi ultimi tempi si è assistito a un profondo mutamento degli obiettivi della politica monetaria; le banche centrali si sono dedicate alla cura della stabilità finanziaria piuttosto che al più classico controllo dei prezzi, pur essendo due facce della stessa medaglia. Ciò è stato possibile perché l'inflazione è controllata dalla bassa crescita della domanda, soprattutto in Europa, ma gli interventi necessari a stabilizzare i mercati del credito e dei titoli hanno creato un habitat inflazionistico globale che può esplodere appena la situazione gira.
E ciò accadrà, perché le crisi comunque finiscono. Per questo motivo le banche centrali si rifiutano di inviare segnali forti di sostegno dell'attività produttiva, negando che sia un loro compito farlo, e sono prodighe di avvertimenti che prima o dopo devono rientrare nell'ortodossia delle gestioni monetarie. Fa eccezione la Fed americana che si è avventurata ad annunciare un orizzonte temporale pluriennale (fino a metà 2013) per la sua politica espansiva. È cosa nota che gli Stati Uniti pongono poca attenzione al valore del dollaro, che considerano la loro moneta, ma un nostro problema.
Infatti lo è ed è per questo motivo che tra le incognite dello sviluppo vi è anche l'andamento del cambio dollaro-yuan, i cui mutamenti, una volta risolta la crisi dell'euro, possono incidere sulla capacità di esportare delle imprese italiane attraverso rivalutazioni del cambio della moneta europea.
Va aggiunto che l'uso di un'unica lente di lettura dell'economia italiana non si adatta alla profonda spaccatura che si va accentuando tra Nord e Sud d'Italia, con andamenti che, per alcune regioni, Lombardia in testa, non possono lasciarle indifferenti, perché la domanda meridionale rappresenta una parte significativa del loro prodotto interno lordo. È quindi necessario estendere il campo visivo alla considerazione degli andamenti del Mezzogiorno, con una particolare attenzione alla natura e all'entità delle politiche di coesione europea e all'applicazione che di esse verrà data dal nuovo governo.
Se esso non si indirizzerà a pioggia, come in passato, ma rafforzerà le esportazioni e la sostituzione di importazioni dall'esterno con prodotti locali, dal Sud potrebbe provenire un contributo positivo alla stabilità economica e sociale dell'intero Paese. Le crisi affrontate dall'Italia nel corso dei 150 anni della sua storia, che quest'anno celebriamo, testimoniano che i problemi italiani non covano nell'economia, ma nella società.
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