(...) Un vero e proprio esercito nazionale non esiste e le armi in circolazione sono ancora tantissime. Nella sola Misurata un ricercatore di Human Rights Watch ha individuato ben 250 diverse brigate. Sono loro a mantenere l’ordine nelle strade, ma sono sempre loro, paradossalmente, a costituire la minaccia maggiore per la sicurezza nazionale. La brigata di Zintan, protagonista della conquista di Tripoli e dell’arresto di Saif al Islam Gheddafi, controlla l’aeroporto della capitale e non ha intenzione di cedere la posizione. I conflitti tra milizie non sono rari. I combattenti di Misurata, ad esempio, si sono scontrati con gli uomini di Bengasi e della stessa Zintan, che proteggevano i rifugiati di Tawarga, colpevoli di non avere abbracciato la causa rivoluzionaria.
I rapporti delle organizzazioni per i diritti umani sono impietosi. Secondo Amnesty International, dodici detenuti in mano alle brigate sono morti in seguito alle torture, compreso l’ex ambasciatore a Parigi Omar Brebesh. Le carceri libiche contengono più di ottomila persone, molte di loro sono state lasciate alla mercé delle violenze indiscriminate delle milizie. Le vendette contro i gheddafiani, o i sospettati di gheddafismo, come i prigionieri dei paesi subsahariani, sono all’ordine del giorno. Saif al Islam è ancora nelle mani dei misuratini e ci sono forti dubbi sugli standard giuridici del processo che lo vedrà protagonista.
La legge della forza prevale sullo stato di diritto, le fedeltà locali su quella nazionale.
Il ruolo dei clan è motivo di dibattito. Gheddafi era stato abile ad assicurarsi l’appoggio di alcune tribù, in primo luogo i Warfalla, ma anche i Magarha, impedendo al tempo stesso che qualcuna di loro acquisisse troppo potere. Alcuni analisti ritengono che oggi la maggior parte dei clan abbia perso credito e non costituisca più una minaccia.
Durante la guerra gli stessi Warfalla si sono divisi: alcuni sono rimasti col Colonnello, altri hanno guidato la rivolta, come l’ex premier del Cnt, Mahmoud Jibril. Il mese scorso a Bani Walid, roccaforte del gheddafismo, c’è stato un duro scontro armato tra i Warfalla e gli uomini del Cnt. Ma la cacciata dei tripolini e l’instaurazione di un nuovo consiglio è sembrata più una lotta per il riconoscimento di un potere locale che il tentativo di far tornare indietro l’orologio della storia.(...)
Leggi anche:
Arturo Varvelli*
Ad un anno dal giorno della Collera, pochi in Libia vedono di buon occhio il suo leader Jalil. L’unica legittimità del Cnt appare derivare dal pronto e forte appoggio dato da occidentali e mondo arabo, Francia e Qatar su tutti. Intanto si avvicinano le elezioni di giugno. Molti le domande: si voterà regolarmente? Che fine farà il Cnt? Intanto si susseguono gli scontri con morti, soprattutto a Tripoli e in Tripolitania, e gli abusi – denunciati dalle ong – dei vincitori sui vinti.
http://www.linkiesta.it/libia-cnt-elezioni
Nessun commento:
Posta un commento