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sabato 7 dicembre 2013

II Primo Accordo del WTO - The Bali Package

La mattina di sabato 7 dicembre i ministri dei 159 paesi membri del WTO (l’Organizzazione mondiale del commercio) hanno raggiunto nell’isola di Bali, in Indonesia, il primo accordo complessivo di riforma del commercio mondiale nei quasi 20 anni di storia dell’organizzazione. Le regole dell’accordo, approvate all’unanimità, prevedono una serie di facilitazioni alla circolazione delle merci nel mondo e, secondo alcune stime, potrebbero portare nei prossimi anni a un aumento del valore del commercio mondiale fino a mille miliardi di dollari. Ma più ancora del contenuto, l’accordo è importante per quello che significa per il WTO e per il percorso complicato con cui si è arrivati a firmarlo. (...)


Sono tre i capitoli fondamentali su cui si basa l'accordo raggiunto dal Wto a Bali: uno dedicato ai paesi meno avanzati, i più poveri, detto dello sviluppo; un capitolo agricolo, richiesto dall'India e da altri paesi in via di sviluppo; infine un capitolo sulle facilitazioni al commercio, che stava particolarmente a cuore all'Unione Europea e agli USA. Si tratta del primo accordo commerciale multilaterale raggiunto dall'Organizzazione Mondiale del Commercio, dalla sua fondazione nel 1994. Ecco in sintesi i tre filoni principali dell'accordo. (...)

Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/qkHzt

The WTO’s Bali Ministerial Conference concluded a day later than scheduled on 7 December 2013 with agreement on a package of issues designed to streamline trade, allow developing countries more options for providing food security, boost least developed countries’ trade and help development more generally.

martedì 3 dicembre 2013

Perché gli accordi di Bali sono importanti (da ilPost.it)

(...) Dal 1990 a oggi, per effetto della vituperata globalizzazione, oltre un miliardo persone è uscito dalla povertà; nei paesi emergenti una classe media di centinaia di milioni di famiglie insegue i propri desideri e le proprie aspirazioni. Guardiamo da noi: oltre un terzo del nostro prodotto interno dipende dalle esportazioni. Non fosse stata per la loro crescita, costante, che dipende sia dalla bravura delle nostre aziende che dalla domanda internazionale, la crisi degli ultimi anni sarebbe stata molto più nera: dall’export dipendono anche le speranze di una vera ripresa.

Ecco perché la conferenza ministeriale del WTO che si apre oggi qui a Bali, in Indonesia, è così importante. Perché dalle evoluzioni delle regole del commercio internazionale dipendono sia gli equilibri geo-politici, sia le opportunità di crescita da noi, in patria. Il WTO funziona come un tribunale, 159 paesi aderiscono alle sue regole. Allo stesso tempo ha il compito di guidare negoziati per aumentare gli scambi, negoziati che da oltre dieci anni non compiono passi sostanziali a parte aumentare il numero dei membri. Nello stallo, sono iniziate trattative complementari tra gruppi più piccoli di paesi, tra cui spicca quella tra USA e UE. Se le conclusioni di Bali fossero modeste o irrisorie, questi nuovi negoziati da complementari diverrebbero alternativi, segnando nuovi equilibri geo-politici, oltre che economici.(...)

I numeri di uno studio del Peterson (autorevole think tank di Washington) parlano chiaro: un accordo a Bali vale oltre 34 milioni di posti di lavoro che corrispondono a reddito aggiuntivo per 2,4 migliaia di miliardi di dollari, di cui il 45 per cento per i paesi sviluppati e il 55 per cento per i paesi in via di sviluppo. Abbastanza per giustificare l’impegno di questi giorni.

giovedì 1 marzo 2012

Battere Moneta? Un Palliativo (Paolo Savona, da FULM.org)


(...) Il motivo è che le modifiche di ambiente politico ed economico che Pelanda descrive non sono state comprese e, anzi, si sono confuse con il tentativo degli Stati Uniti e del resto del mondo sviluppato di sostituire la caduta dei profitti reali nelle loro aree con rendite finanziarie capaci di fronteggiare la disoccupazione generata dalla fuga del capitale produttivo verso le aree a basso costo del lavoro e welfare praticamente inesistente. Per ottenere questa sostituzione gli Stati Uniti hanno inondato se stessi e il mondo di dollari e di pseudo moneta (i derivati), una politica resa possibile dal fatto che, Cina in testa ma non unica, qualcuno era propenso a tenerseli.

L'Eurozona non è caduta nella stessa tentazione monetaria, ma i paesi dove la creazione di fiducia succedanea con il debito aveva ecceduto, non sono riusciti a sostituire profitti reali con rendite e la crisi è arrivata subito e prima di quella che dovremmo registrare quando l'errore di Krugman giungerà all'incasso. Il problema, come io lo vedo, è che il confronto tra istituzioni capaci di creare fiducia non è più alla portata della cooperazione internazionale invischiata nella crisi finanziaria e nell'eccesso di creazione di dollari e, ora, di euro.

Sono stati commessi troppi errori nel plasmare le istituzioni poste a presidio della globalizzazione, come la mancata nascita di una moneta di riferimento degli scambi indipendente da una moneta nazionale (ad esempio gli SDR del Fondo Monetario Internazionale) o, alternativamente, la fissazione di un regime di cambio comune per partecipare al libero scambio in ambito di Organizzazione mondiale del commercio (WTO). Inoltre il processo di globalizzazione andava governato sottoponendolo a un periodo di adattamento delle strutture civili di welfare elaborate nei paesi sviluppati, invece di consentire il dumping sociale.

Vi è stato un patto perverso tra il post comunismo e il precapitalismo che ha portato indietro l'orologio della storia nel trattamento della forza lavoro. Finché il capitalismo ha avuto il vincolo esterno del comunismo ha accettato migliori condizioni di benessere per i lavoratori; venuto meno questo vincolo, ha ripreso i vecchi vizi e individuato nello sfruttamento del lavoro dei paesi arretrati il modo di formazione del suo sovrappiù e nell'inondazione finanziaria il modo di mantenimento della base di consenso nazionale.

Se si trovasse il modo di creare le buone istituzioni necessarie, sarebbe possibile uscire dall'impasse in cui versa il mondo. Ancora però non vedo affermarsi né una diagnosi corretta della situazione, né leader capaci di portare avanti le riforme necessarie. Nel mentre si impongono più tasse ai cittadini e più vincoli all'agire economico e si crea più moneta. Tutte cose che si dovrebbero evitare.

mercoledì 1 febbraio 2012

Eresie ed Esorcismi (da FULM.org - recensione di un testo di Paolo Savona)


(...)Perché nazionalizzare la produzione di energia elettrica in quelle modalità è stata un eresia? Savona lo spiega dicendo che “Il risultato fu, dal lato del capitale, un’ingente fuga di risorse finanziarie, il crollo dei valori di Borsa e la caduta degli investimenti; e, dal lato del lavoro, il raggiungimento di un riconoscimento dei suoi diritti fuori tempo e fuori misura: sfociò infatti in un innalzamento del suo costo per unità di prodotto quando i margini di profitto erano già calanti”. In altre parole, quella modalità della politica economica fu un eresia perché generò un doppio effetto negativo: il capitalismo perdeva risorse finanziarie che espatriavano mentre i lavoratori guadagnavano reddito e diritti insostenibili nel medio termine, perdendo essi stessi la possibilità di avere un miglioramento duraturo delle proprie condizioni.

Perdeva la società italiana, insomma , e si avviava la spirale che avrebbe condotto alla fine del miracolo economico ed al tracollo della prima Repubblica sotto la pressione di “Mani pulite”. Meglio i liberisti, come Einaudi e De Gasperi, che traghettarono dalla sconfitta militare al miracolo economico il paese, che il mancato appuntamento con politiche liberali in cui si risolse il centrosinistra e la sua ambizione per il cambiamento. In ogni conflitto potenziale ci sono tre esiti: ottenere un vantaggio per entrambi i contendenti; vincere sottraendo risorse all’altro; perdere entrambi.

L’Italia, con le sue molte eresie si è collocata sempre sul terzo esito. “Il problema della crisi dell’Italia sta tutto qui – scrive Savona alla pagina 44 del suo libro – grandi dissertazioni su ciò che si deve fare, quando la frittata è fatta. Mai quando le uova sono ancora intatte”. Una entropia crescente ed inarrestabile, si direbbe nel lessico della termodinamica. Così facendo abbiamo liquidato a prezzi stracciati istituzioni, ormai malandate, come le partecipazioni statali e l’IRI: mentre ne avremmo avuto bisogno nel gioco della geopolitica, essendo quelle istituzioni – nate negli anni di Beneduce e Menichella – potenzialmente fondi sovrani, come quelli che oggi supportano la crescita dei paesi emergenti sulla scena del mercato globale. Il lettore potrà attraversare la relazione tra eresie ed esorcismi ed arrivare alle quattro scelte giuste leggendo un libro di cento pagine: essenziale e molto diretto.
Le scelte giuste sono principi di riferimento, come abbiamo già detto.

La creazione di una Camera Alta, un governo dei saggi, sulla intuizione di Hayek. Un ritorno all’ordoliberismo della Scuola di Friburgo, facendo agire sia la convivenza civile che la concorrenza globale, insieme, come le lame delle forbici, per fare sviluppare un regime di equità. Chiedere ed ottenere un accordo sulla riforma del Fondo Monetario Internazionale e sul WTO come pilastri, entrambi necessari, dell’equilibrio economico internazionale. Chiedere ed ottenere la trasformazione dell’Europa in una entità politica; la nascita di una politica fiscale comune; la trasformazione della BCE in una banca centrale, che sia anche un lender of last resort; la piena liberalizzazione, per persone, capitali, beni e servizi, del mercato europeo. In questo modo avremo una eurozona fondata e governata da un patto democratico tra i paesi membri dell’Unione Europea anche se non presenta, quella eurozona, i tratti di un’area valutaria ottimale.(...)