mercoledì 18 gennaio 2012

Debito, Figlio d'Europa

Alcuni articoli per continuare a riflettere sulla crisi economica - e politica! - che ci sta accompagnando ormai da diversi anni, da alcuni mesi però più intensamente.

Via via che si va avanti, ci si rende conto che ormai una delle mosse necessarie è rompere l'equilibrio costituzionale europeo, permettendo che la BCE garantisca totalmente il debito europeo. 

Forse sono troppo ottimista, ma penso che Mario Draghi e i "tecnici" (veri politici) dell'EuroTower stiano preparando qualche mossa in questo senso: anche l'allarmismo dei giorni scorsi - quasi "fuori tono" rispetto ai suoi soliti standard - sembra rappresentare una pressione fatta sui politici, al fine di riuscire a ottenere la "copertura politica" per mosse straordinarie.

In questo momento - come bene spiegato da uno degli articoli - Draghi gioca più "sottotraccia", ma facendo politica a pieno titolo: politica espansionistica rispetto alle politiche restrittive dei governi.

In ultimo, un articolo molto critico sull'operato del governo di Paolo Savona; buone ragioni, che personalmente non condivido appieno, ma che sono sempre un ottimo stimolo di riflessione

Francesco Maria Mariotti



(...)Ma per chiudere questi buchi, e rendere improbabile tali scenari, e quindi abbassare lo spread l'Europa può fare qualcosa. Se a garanzia di quel debito, ci fosse la tassazione europea allora sarebbe più improbabile che ci trovi davanti al rischio default. Se la Bce riconoscesse quel debito come figlio legittimo della sua moneta, non solo gli spread si abbasserebbero da subito rendendo meno probabile scenari del genere, ma si avrebbe la garanzia ultima che l'Italia non sarebbe da sola. (...) di Pierpaolo Benigno - Il Sole 24 Ore - leggi su Cara Europa, adesso tocca a te
 
Dimezzato il direttorio franco-tedesco e declassato il Fondo europeo salva stati, non c’è tregua borsistica che tenga: la crisi europea, vista dai mercati, è sempre più sistemica e sempre meno legata ai problemi dei singoli paesi. Non a caso, dopo gli ultimi fendenti delle agenzie di rating, aumentano le pressioni degli stati dell’Eurozona per un intervento deciso della Banca centrale europea. L’Istituto centrale presieduto da Mario Draghi – è il ragionamento di un numero crescente di cancellerie nell’Eurozona – è forse l’unica istituzione con la potenza di fuoco necessaria ad abbassare il costo del rifinanziamento del debito pubblico. E a Francoforte la pressione internazionale si comincia a sentire; ieri anche il rigorista Ewald Nowotny, governatore della Banca centrale austriaca e membro del direttorio della Bce, ha aperto a una politica più espansiva: “Stiamo per discutere possibili alternative – ha detto pur precisando di non essere favorevole all’acquisto di bond statali – Si tratta di una discussione che copre tutto lo spettro della politica monetaria”.(...)  AAA, garante dell'euro cercasi
 
(...) Terza affermazione importante: Mario Draghi ribadisce che sarà l'agente del Fondo Salva Stati. Notizia qualificante anche questa. Se egli sarà l'agente del Fondo non farà la banca degli Stati ma realizzerà al meglio le scelte del Fondo di ritirare dal mercato titoli di Stato. Ottimizzando la missione del Fondo e non passando il confine che lo statuto della BCE gli impone: non monetizzare il deficit pubblico sottoscrivendo debiti dello Stato. L'undicesimo comandamento del monetarismo fiscale che piace alla cultura politica tedesca e che quella francese tende ad imitare. Mario Monti cerca compromessi su questo terreno, imponendo il monetarismo fiscale in Italia per ottenere dall'asse franco tedesco una politica monetaria keynesiana ed amica della crescita. Ed ecco la originalità di Mario Draghi: i Governi fanno politiche fiscali restrittive e la banca centrale, vincolata da una filosofia di fondo costruita sui principi del monetarismo fiscale, fa una politica keynesiana ed espansiva.
Cose che capitano e che spiegano come le regole vadano interpretate. Ma che la cosa che conta davvero sia l'etica delle conseguenze nei comportamenti di chi, interpretandole, assume decisioni nel ruolo che ricopre.(...) Mario Draghi indica ma non svela la politica BCE
 
(...) Se avessimo provveduto a rimborsare 250 miliardi di titoli dello Stato cedendo parte del patrimonio pubblico saremmo restati fuori per oltre un anno dallo stress di un rinnovo dell'indebitamento statale in scadenza. Non avremmo capitalizzato l'aumento degli oneri finanziari sul debito e risparmiato una cifra prossima all'aumento delle tasse deciso.
Alcune soluzioni tecniche erano state avanzate, restando inascoltate, da persone mosse dal desiderio di contribuire al bene comune. Non uno dei governi che si sono succeduti ha dato una risposta al perché non si sia provveduto a questa operazione prima di ogni altra forma di intervento deflazionistico e iniquo; considero indegno che si sia inciso sui pensionati e sui redditi da lavoro, oltre che sui risparmi accumulati dopo avere assolto all'obbligo fiscale per tenersi stretto il patrimonio pubblico e lasciare intonse le inefficienze della pubblica amministrazione e gli sprechi della politica.
Si parla tanto di crescita e si chiede al governo di propiziarla, dopo essere stato, con l'Unione europea, membro attivo della sua caduta. Si ripropone invece il tema delle liberalizzazioni. Non è dato sapere ancora quali saranno, ma su un punto gli economisti sono d'accordo: la liberalizzazione di cui necessitiamo per crescere è quella dall'oppressione fiscale e dall'ingerenza illiberale dello Stato sui fatti della nostra vita. Abbiamo invece più tasse e meno libertà.
Dopo essersi impossessato di quasi la metà del reddito nazionale, lo Stato comincia ad aggredire il popolo delle formiche. Un mio maestro di scuola liberista, Karl Brunner, sosteneva che il problema degli squilibri è non averli e, quando li si ha, occorre porre grande cautela nel riassorbirli, perché se si sbaglia nel farlo, si possono causare più danni di quelli che si volevano evitare. Credo che siamo ormai in questa situazione.

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