venerdì 13 settembre 2013

In Valsusa Prove Di Terrorismo (da laStampa)

Si può essere No-Tav o Sì-Tav, si può anche coltivare una rispettabile e pragmatica equidistanza, ma c’è una cosa che bisogna sapere: in Valsusa il terrorismo c’è già. In una forma inedita, tra l’intimidazione ambientale di stampo mafioso e il cecchinaggio individuale di marca pre-brigatista, tra la opprimente Corleone di Riina e i caldissimi picchetti delle fabbriche nei primi Anni Settanta. Nei confronti delle cose (cantieri, macchine e macchinari, forze di polizia) si esercita con azioni militari. Nei confronti delle persone (che lavorano nel o intorno al cantiere) con minacce continue e ossessive.  

L’ultima storia è di ieri. Tre - noti - militanti No-Tav arrestati per minacce a una cronista, circondata, minacciata, costretta a consegnare documenti e cellulare.  

I tre, che erano spalleggiati da una ventina di compagni, l’hanno accompagnata all’auto, di cui avevano fotografato la targa, e costretta ad andarsene. I tre sono agli arresti domiciliari, grazie al decreto svuota-carceri che risparmia a Gianni Vattimo un nuovo pellegrinaggio di solidarietà alle Vallette. Ma, come si dice, la vicenda segna un altro salto di qualità. Non che sia più grave minacciare un giornalista di un operaio del cantiere. Ma è diverso e incide su un’altra libertà civile: quella dell’informazione. 

Il vero salto di qualità militare c’è stato invece nella notte di domenica: quattro betoniere, due camion, un’autogru incendiate, con le fiamme che lambiscono il deposito di gasolio e fanno evocare una possibile ecatombe. Poco meno di un milione di danni, con un effetto intimidatorio sui lavoratori incalcolabile. Il dodicesimo attentato - il più grave - da luglio. 

E tutto questo dentro quel clima di intimidazione diffuso che colpisce tutti quelli che hanno a che vedere con il cantiere, da chi ci lavora, agli albergatori che ospitano i poliziotti, ai camionisti che transitano per la valle e che magari non hanno nulla a che vedere con il/la Tav. Capita che vengano fermati e che i documenti loro e di viaggio vengano controllati. C’è insomma un antistato che esercita forme di controllo del territorio e si propone di cambiare il corso delle cose con un insieme di azioni che sono oggettivamente eversive. (...)

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