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domenica 1 aprile 2012

L'Europa tra Scilla e Cariddi, di Mario Deaglio (laStampa, 1 aprile 2012)

(...)L’Unione europea non può semplicemente accettare una situazione del genere e continuare a inchinarsi ai mercati finanziari perdendo di vista la sostenibilità sociale delle manovre in corso e considerando gli andamenti di tali mercati come una (l’unica?) variabile indipendente, alla quale bisogna sempre adeguarsi senza discutere. Dovrebbe invece da un lato porre ordine in tali mercati, impedendo ondate speculative troppo brusche e rimuovendo l’opacità che ne caratterizza certi segmenti e dall'altro spostare in avanti gli obiettivi di pareggio dei bilanci pubblici e di riduzione dei debiti pubblici troppo frettolosamente fissati nel patto fiscale o «patto di bilancio» dei primi di marzo. Un pareggio troppo frettoloso potrebbe destabilizzare il sistema europeo per un lungo periodo.Potrebbe poi introdurre qualche forma di tassazione dei circuiti finanziari (spesso sinteticamente indicata come «Tobin tax»): gli introiti di tale imposta, come anche una parte degli introiti derivanti dalle manovre dei vari Paesi, dovrebbero essere subito reimmessi nell’economia sotto forma di misure di stimolo invece di venire passivamente sacrificati al dio Moloch del pareggio da raggiungere al più presto possibile. Se non si vuole seguire questa linea, non va scartata a priori la proposta avanzata venerdì a Cernobbio da Nouriel Roubini - l’economista turco-americano, laureato alla Bocconi che è stato uno dei pochi a prevedere la crisi - di immettere una fortissima liquidità nel sistema fino a far svalutare l’euro del 30 per cento. Per non finire nelle bocche di Scilla o sugli scogli di Cariddi l’Europa deve in ogni caso fare un salto di qualità e smetterla con il suo compiaciuto linguaggio burocratico, con le conferenze stampa annullate per nascondere i contrasti, con una visione troppo miope e troppo pericolosa.

domenica 18 dicembre 2011

Riforma del lavoro? Sì, ma l'Europa deve Crescere


A proposito dell'intervista di oggi a Elsa Fornero: ho dei dubbi sulla necessità di toccare l'art.18 (si può costruire un nuovo modello di contratto senza toccarlo, a mio avviso), ma è comunque molto interessante e completa. In ogni caso rimane il fatto che senza crescita a livello continentale possiamo fare le migliori riforme del lavoro, ma avremo sempre troppa disoccupazione. L'outplacement di cui si parla in varie proposte funziona se ci sono aziende nelle quali i licenziati possono essere ricollocati. Ma se non c'è crescita, non ci saranno aziende in grado di riassorbire il personale licenziato (Si leggano in questo senso le riflessioni di Dario Di Vico sul caso Electrolux). Per questo c'è il rischio che una ottima soluzione teorica si trasformi in una situazione squilibrata, qui e ora
In questo senso c'è necessità di soluzioni a livello sistemico che il governo Monti non può fare da solo: tutta l'Europa deve muoversi.
FMM

(...) Come se ne esce? 

«Penso che un ciclo di vita che funzioni è quello che permetta ai giovani di entrare nel mercato del lavoro con un contratto vero, non precario. Ma un contratto che riconosca che sei all'inizio della vita lavorativa e quindi hai bisogno di formazione, e dove parti con una retribuzione bassa che poi salirà in relazione alla produttività. Insomma, io vedrei bene un contratto unico, che includa le persone oggi escluse e che però forse non tuteli più al 100% il solito segmento iperprotetto».

I sindacati non ci stanno a toccare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. 

«Sono abbastanza anziana per ricordare quello che disse una volta il leader della Cgil, Luciano Lama: "Non voglio vincere contro mia figlia". Noi, purtroppo, in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli. Ora non voglio dire che ci sia una ricetta unica precostituita, ma anche che non ci sono totem e quindi invito i sindacati a fare discussioni intellettualmente oneste e aperte». 

Monti ha detto che le nuove regole si applicheranno solo ai futuri assunti. 

«Certamente penso ci voglia maggiore gradualità nell'introduzione delle nuove regole rispetto a quanto abbiamo fatto sulle pensioni». (...)