La "saputa ingenuità" di Monti nel mettere in tensione l'"arco costituzionale" che lo appoggia non deve preoccupare. E' scritto nel codice genetico di questo governo la tensione con il mondo politico che lo sostiene; e Monti è pienamente consapevole del fatto che ha bisogno dei partiti per poter compiere il lavoro che è stato chiamato a definire. Al tempo stesso le forze politiche di destra e di sinistra dovrebbero accettare pienamente la sfida che egli e il suo governo pongono.
Da questo punto di vista non ha molto senso, a mio avviso, parlare di obiettivi o addirittura rivalità personali che serpeggerebbero nell'esecutivo. Se Monti avesse intenzione di candidarsi con un suo partito, significherebbe rinunciare al ruolo storico che gli è spettato, ruolo pari a quello che ha avuto Carlo Azeglio Ciampi, così simile e al tempo stesso così lontano da lui. Lasciando stare i dietrologismi da giornale, guardiamo alle cose stesse: l'emergenza non è finita, e la fisiologica tentazione della politica di riprendere il gioco, deve essere contrastata, per il momento. Non solo dall'esterno dei partiti, non solo dal punto di vista "impolitico-tecnico", se vogliamo dire così, ma anche - e soprattutto - dall'interno del mondo stesso della politica e da parte della forze sociali deve venire la consapevolezza che stiamo attraversando un cambiamento strutturale, una rivoluzione paradigmatica dei linguaggi e delle pratiche che hanno costituito il patto della prima Repubblica, di cui la (presunta) "seconda" era solo una propaggine.
Da questo punto di vista non ha molto senso, a mio avviso, parlare di obiettivi o addirittura rivalità personali che serpeggerebbero nell'esecutivo. Se Monti avesse intenzione di candidarsi con un suo partito, significherebbe rinunciare al ruolo storico che gli è spettato, ruolo pari a quello che ha avuto Carlo Azeglio Ciampi, così simile e al tempo stesso così lontano da lui. Lasciando stare i dietrologismi da giornale, guardiamo alle cose stesse: l'emergenza non è finita, e la fisiologica tentazione della politica di riprendere il gioco, deve essere contrastata, per il momento. Non solo dall'esterno dei partiti, non solo dal punto di vista "impolitico-tecnico", se vogliamo dire così, ma anche - e soprattutto - dall'interno del mondo stesso della politica e da parte della forze sociali deve venire la consapevolezza che stiamo attraversando un cambiamento strutturale, una rivoluzione paradigmatica dei linguaggi e delle pratiche che hanno costituito il patto della prima Repubblica, di cui la (presunta) "seconda" era solo una propaggine.
Ora, con la crisi sistemica europea, forse veramente si può cambiare, forzati dall'esterno.
Accettino tutti la sfida che non è di Monti, ma di un terremoto che ci sta colpendo.
Ma pensiamo già alla città che costruiremo dopo, insieme.
Francesco Maria Mariotti
Sulla carta, dunque, per la seconda economia manifatturiera d'Europa c'è ampio spazio per risalire la china. Meglio però usare il condizionale. Non solo perché finora il sistema-Paese non ha saputo sfruttare a fondo opportunità e promesse della globalizzazione. Ma anche e soprattutto perché troppo spesso il sistema-Paese è assente all'estero. E quando mostra il suo biglietto da visita agli investitori stranieri, invece di attirarli, tende a scoraggiarli quando non a respingerli. Il caso di British Gas e della sciagurata storia del rigassificatore di Brindisi è cronaca recentissima. Ma si potrebbe ricordare quella di At&t che nel 2007 voleva comprare Telecom Italia ma fu bocciata dal Governo: da allora pare preferisca fare affari in Spagna, dove sarebbe presenza gradita. di Adriana Cerretelli - Il Sole 24 Ore - leggi su Italia e Asia, la via da seguire
Detto questo, l'uscita del premier si presta a una serie di critiche. In primo luogo, certi concetti non possono essere reiterati ogni giorno. Monti lo aveva appena detto («io non tiro a campare»): perché ripetersi, visto che non sono emerse particolari novità nelle ultime 48 ore? Tutta questa insistenza nel sottolineare i limiti dei politici tradisce una certa insofferenza che in apparenza è impolitica. E tra l'altro contraddice l'attitudine felpata e molto astuta del primo Monti, quello che tra novembre e gennaio ha messo in riga i partiti coprendoli di elogi o almeno di riferimenti rispettosi. In secondo luogo il premier tende a mescolare piani diversi. di Stefano Folli - Il Sole 24 Ore - leggi su Confessioni di un impolitico?
"A Monti chiederei di ridurre il costo della forza lavoro", dice Donata Novellone. Amisco stima che cumulativamente versa il 50% dei propri profitti al governo, al netto del lavoro e altri costi. Ma "più di tutto", sottolinea il Wsj, gli imprenditori vogliono quello che ogni politico italiano ha promesso: "Semplicità e prevedibilità". Donata Novellone lamenta che ogni due mesi ci sono leggi nuove, ogni tanto cambiano, talvolta sono retroattive. "La burocrazia ci sta uccidendo". Il carico delle scartoffie è tale che "Ci vogliono consulenti per ogni cosa". di Elysa Fazzino - Il Sole 24 Ore - leggi su "Non possiamo continuare così"
La politica non sta riguadagnando terreno. Questo Monti lo sa. E quando gira per il mondo, ieri l’Europa oggi l’Asia, chiede fondamentalmente una prova di fiducia verso il nostro paese incardinata sulla propria figura. Raccontare ai giapponesi che i partiti non hanno consenso e prospettare il loro ritorno al potere è un controsenso a meno che non si abbia in animo di continuare a svolgere questo ruolo di garanzia sopra il sistema politico. Se fossi un investitore estero e decidessi di scommettere sull’Italia perché mi ha convinto il suo massimo rappresentante politico difficilmente potrei accettare che di qui a qualche mese il mio garante sparisca dalla scena. Questo Monti lo sa, lo sanno le imprese che guardano all’estero, lo sa l’opinione pubblica, con buona pace dei neo-radical. Così a poco a poco Monti si sta costruendo quel piedistallo fondato sulla propria indispensabilità che sarà il vero motore dei prossimi mesi della politica italiana. Leggi il resto: La Terza Repubblica ha già il suo leader
Nessun commento:
Posta un commento