Ormai la guerra all'euro non risparmia neanche la Germania. Non basteranno gli Eurobond a salvarci, anche se possono essere un primo passo; anche perché Eurobond è una formula che ha molteplici possibilità di realizzazione; senza un coordinamento politico chiaro, senza regole definite, titoli di debito pubblico europeo non aiutano a cambiare il segno rosso dell'economia comunitaria. Anzi, per certi aspetti, potrebbero svelare con più durezza i limiti della nostra "moneta senza Stato".
A questo punto non rimane che lo "strappo costituzionale" della BCE, di cui si è già parlato in precedenti post e a cui si riferiscono Giavazzi e Alesina sul Corriere di oggi; ma la responsabilità di questa decisione non può essere lasciata al solo Mario Draghi.
Lo si è già detto: i leader europei devono fornire l'avvallo politico, e ci deve essere un impegno, perché questo "vulnus" non diventi la Grande Scusa per affossare i tentativi di razionalizzazione della spesa, comunque necessari e non alternativi a un'idea forte di rilancio dell'economia europea.
Per questo il maggior cordinamento fiscale chiesto da Berlino è comunque importantissimo.
Il tempo che rimane è pero poco: per dirla con il titolo del Sole24Ore di qualche giorno fa, Fate Presto! Facciamo Presto!
Francesco Maria Mariotti
(...) A questo punto c'è un solo modo per salvare l'euro: un intervento forte della Bce. È una soluzione molto problematica, cui si è giunti a causa dell'irresponsabilità di governo dopo governo in parecchi Paesi europei, compreso il nostro. Ma a questo punto non vi è altra soluzione. Intervenire sui flussi, ad esempio cominciando a emettere eurobond, cioè titoli garantiti dall'Ue, anche se fosse possibile agirebbe troppo lentamente.
Bisogna intervenire sugli stock: agire sui flussi non basta più. La Bce può acquistare quantità illimitate di titoli riducendo la volatilità e riportando i rendimenti ai livelli pre-crisi. Non di tutti i Paesi, solo di quelli, come Italia e Spagna, che non sono insolventi. In realtà basterebbe che la Bce annunciasse l'intenzione di stabilizzare i rendimenti a un determinato livello: di acquisti veri e propri ne dovrebbe fare pochi.
Molti dicono che questo è il peccato originale dell'euro: non avere una banca centrale che si comporta come la Federal Reserve americana. Ma la differenza è che la Fed non compra i titoli emessi dagli Stati (dal Texas, o dalla California), solo quelli del governo federale. Non solo, ma la grande maggioranza degli Stati americani ha un vincolo di bilancio in pareggio. Titoli federali in Europa non esistono perché non esiste un ministro del Tesoro dell'Eurozona e i Paesi europei possono emettere debito a piacimento, senza tener conto dei costi per l'Unione nel suo complesso.
L'Ue, attraverso la Commissione, ha poteri esecutivi in due sole aree: la politica della concorrenza e quella monetaria. In ogni altra area le decisioni richiedono l'accordo dei governi. Per salvare l'euro occorre estendere i poteri esecutivi dell'Ue alla politica di bilancio, non alle singole misure o al mix fra spesa e imposte, che deve rimanere prerogativa dei parlamenti nazionali, ma ai conti pubblici aggregati: evoluzione del debito e saldi di bilancio. Certo, è una rivoluzione, e ci rendiamo conto che è necessario cambiare i trattati europei, ma a questo punto è la sola via per salvare l'euro e i 60 anni che abbiamo dedicato a costruire l'Europa.
(...) L’alternativa a un break-up della moneta unica che avrebbe costi enormi per tutti, Germania inclusa, è quindi uno “scambio” preciso: disciplina di bilancio da parte dei paesi in debito o in deficit; accettazione tedesca della solidarietà fiscale, attraverso un ruolo attivo della BCE come garante ultima dei debiti europei e attraverso strumenti come gli Eurobonds. Visti i vincoli di politica interna della Germania, l’intervento della Banca centrale europea sui mercati dei titoli di Stato avverrà nei fatti: l’unica intesa possibile è un’intesa pragmatica – già anticipata dalle prime mosse di Mario Draghi.
Come è accaduto altre volte in passato, l’Italia si trova in posizione-chiave negli equilibri europei. Non solo perché la riforma di una delle principali economie dell’euro è cruciale per la credibilità del fronte dei “debitori”. Ma anche perché Mario Monti ha l’autorevolezza personale per mettere sul tavolo un trade-off del genere. Va aggiunta una nota importante. L’inclinazione italiana non è di trasformare la coppia asimmetrica “Merkozy” in un triangolo “Merkomonti”: è di recuperare, attraverso la leadership delle economie principali, il peso delle istituzioni comuni - che garantiscono tutti. (...)
(...) Ci sono forti pressioni sulla Bce perché compri più bond sovrani.
Veniamo ai fatti: la Bce è stata ed è un elemento essenziale di stabilizzazione. È intervenuta in modo massiccio e lo fa ancora sui mercati dei titoli, svolgendo una funzione che a stretto rigore è fuori dal suo mandato. Inoltre sta fornendo liquidità illimitata al sistema dei pagamenti e al mercato monetario e bancario. Li sta, di fatto, tendendo in piedi. Ci vorrebbe invece un Fondo monetario europeo che desse soldi ai Paesi in cambio di determinate condizionalità».
Infatti Draghi ha invitato i governi a completare l’Efsf.
«Draghi ha ragione. Ma per essere efficace il fondo salva-Stati deve avere un ammontare di risorse credibile: questo può calmare i mercati. È successo con Lehman Brothers, può funzionare anche qui. Invece l’equivoco è: se ci mettiamo i soldi, qualcuno ne approfitta. Ma l’obiettivo è salvare l’euro!». (...)
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