mercoledì 12 dicembre 2012

Albert Otto Hirschman

"(...) Il secondo libro è “Rhetoric of Reaction: Perversity, Futility, Jeopardy”. Uscito nel 1991, rimane una testimonianza critica della narrazione conservatrice degli anni ’80 ben più interessante e acuta di quelle che oggi ormai affollano il dibattito pubblico. È un libro che unisce il pensiero politico (con le riflessioni sulla reazione in una prospettiva di “lunga durata”) e la stessa comunicazione politica, in modo davvero efficace. Il libro nasce dall’approfondimento di un intervento di Dahrendorf al convegno organizzato dalla Ford Foundation nel 1985 su “La crisi del welfare state”. Le tre retoriche, per Hirschman, sono la reazione conservatrice dell’allargamento della dimensione civile, politica e sociale della cittadinanza (le retoriche rivoluzionarie, progressiste e riformiste). Nella tesi della perversità, ogni azione volta a migliorare l’ordine sociale porta a peggiorare la condizione a cui si vuole rimediare. Secondo la futilità, il risultato del cambiamento sarà irrilevante, quindi non vale la pena di proporlo. Secondo l’ultima tesi, i cambiamenti mettono a repentaglio in modo decisivo alcune fondamentali conquiste precedenti. Hirschman interpreta il pensiero politico ottocentesco e del suo tempo (riferendosi, tra gli altri, a Hayek e a un autore ancora vivente e attivo come Charles Murray) con queste categorie. Come scrisse lo stesso Hirschman, la parte più interessante del libro è forse quella in cui mette in discussione i totem della sua parte politica, le “retoriche del progresso”, tra cui la “teoria del pericolo imminente” e la credenza che “la Storia è dalla nostra parte” (...)". 

 
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Dal Sole24Ore

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