In una giornata convulsa e molto pesante sui mercati, riprendiamo in mano alcuni articoli che possono aiutarci a riflettere sul ruolo della BCE, che appare sempre di più il punto principale da cui potrebbe passare - e forse dovrebbe passare - la protezione dell'euro dagli eccessi dell'altalena dei mercati.
Ciò non toglie che la Bce può agire da "pronto intervento" eccezionale, ma un compito del genere non può diventare permanente, perché rimane agli Stati (per il momento) il dovere di risolvere i problemi delle diverse economie nazionali.
A meno che non si faccia quel salto di qualità che permetterebbe a un governo politico europeo unitario di interfacciarsi con la BCE e definire - nei rispettivi ruoli che devono rimanere nettamente distinti - una politica economica europea coerente.
Per ora, l'unico Zar è Mario Draghi, e a lui spetta valutare possibili azioni d'urgenza.
Francesco Maria Mariotti
(...) La BCE ne devrait pas, comme le demande le FMI, faire davantage pour soulager l'économie ? Nous sommes très ouverts et n'avons pas de tabous. Nous avons décidé de réduire les taux d'intérêt à moins de 1 % car nous prédisions que l'inflation serait proche ou inférieure à 2 % début 2013. Il est désormais probable qu'elle reflue dès fin 2012.
Notre mandat est de maintenir la stabilité des prix pour éviter une inflation trop élevée mais aussi une baisse généralisée et globale des prix. Si nous constatons de tels risques de déflation, nous agirons.(...) Draghi: L'Euro non è in pericolo (laMonde, articolo in francese)
(...) Nella precedente fase più acuta della crisi, la Bce di Draghi ha fatto molto, dal doppio taglio dei tassi d'interesse alla fine dell'anno scorso, alle due operazioni di liquidità a tre anni per le banche per oltre mille miliardi di euro, all'allargamento dei collaterali. Oggi, però, si ritrova di nuovo a essere l'unica istituzione europea con la capacità e i tempi di reazione sufficientemente rapidi per tenere a galla l'euro.
Ha molti strumenti a disposizione, come spesso ha ricordato il suo presidente. (...) di Alessandro Merli - Il Sole 24 Ore - leggi su Le quattro carte di Francoforte
La Bce in questo momento accoglie una gran quantità di depositi dalle banche della cosiddetta “grande Germania” che poi utilizza per fare prestiti alle banche dell’Europa meridionale. È una situazione insostenibile e destinata a peggiorare. È necessario creare meccanismi che incentivino le banche del Nord Europa a prestare direttamente ai paesi periferici dell’area euro. Una soluzione potrebbe essere quella di rendere negativi i tassi di deposito presso la Banca centrale. Daniel Gros, come far ripartire i prestiti fra i paesi europei, laVoce.info
In primavera, con la conferenza stampa che Mario Draghi ha tenuto dopo il consiglio della Bce di aprile a Barcellona, è avvenuto un cambio di rotta della strategia della Banca centrale europea. In quell'occasione Draghi affermò che l’Europa avrebbe dovuto smettere di considerare come orizzonte temporale solo la settimana successiva e iniziare piuttosto a chiedersi dove avrebbe voluto essere tra dieci anni. E come lavorare per arrivarci. Non è chiaro se la spinta al cambiamento sia venuta da Draghi, che avrebbe convinto Angela Merkel, oppure il contrario. Ma è più probabilmente il risultato di un dialogo tra i due. Per la Banca centrale europea è stato come dire: abbiamo fatto la nostra parte, abbiamo salvato l’euro con le operazioni straordinarie di rifinanziamento, ma non lo faremo di nuovo, perché non sarà un’iniezione di liquidità a salvare l’Europa. Il concetto è stato ribadito nella conferenza stampa di questa settimana: “Non avrebbe senso rischiare di distruggere la reputazione della Bce se comunque questo non fosse sufficiente a salvare l’euro”. L'ORIZZONTE TEDESCO La Germania ha dato la sua risposta alle domande poste da Draghi e dal cambio di rotta della Bce: vogliamo che l’euro sopravviva, perché è nell’interesse della Germania e tra dieci anni vogliamo essere più vicini all’unione politica che conterrà anche elementi di unione fiscale.(...) La strategia di Draghi, Francesco Giavazzi, laVoce.info
(...)Qualsiasi sforzo da parte della Bce per trasformarsi in quel prestatore di ultima istanza di cui gli Stati membri hanno bisogno scatenerà un fuoco di fila di proteste. Diranno che la Banca centrale potrebbe rimetterci, che si rischia di aggravare l'azzardo morale e di scatenare l'inflazione. Per la prima di queste obiezioni, la risposta corretta è: e allora? Lo scopo di una Banca centrale è quello di stabilizzare l'economia di un Paese, non di fare soldi; anzi, ci sono molte più probabilità di perdere soldi con interventi titubanti che con interventi energici ed efficaci. Quanto alla seconda obiezione, bisogna avere una comprensione chiara delle regole che governano la politica economica e le politiche di spesa; e bisogna anche stabilire se un Paese è credibilmente in grado di rifondere il suo debito: l'Italia e la Spagna sicuramente lo sono. Per la terza obiezione, non c'è alcuna ragione valida per attendersi un processo inflattivo fuori controllo (...) di Martin Wolf - Il Sole 24 Ore - leggi su Caro Mario, soltanto lei può salvare l'Euro
(...) Nell'agosto del 1998, in esito alla crisi finanziaria del Sud-Est asiatico, quando finirono al tappeto le economie più dinamiche dell'area, la speculazione prese di mira con pesanti bordate la valuta e il mercato azionario di Hong Kong. Poiché i consueti strumenti di difesa (aumento dei tassi) non bastavano, l'autorità monetaria del territorio buttò alle ortiche l'ortodossia e decise di presentarsi in borsa come compratore di ultima istanza, in contropartita dei venditori a pronti e a termine, e acquistò azioni - azioni, si badi, non casti titoli di Stato - per 15 miliardi di dollari. Questa operazione (battezzata doppio slam, double whammy) inflisse gravissime perdite ai ribassisti, che dovettero abbandonare il terreno con gravi perdite. Vi fu anche un lieto fine: l'autorità monetaria rivendette gradualmente le azioni acquistate lucrando un profitto di 4 miliardi per le casse pubbliche (così come la banca centrale americana sta facendo profitti, rivendendo i titoli acquistati durante la crisi per sostenere le banche).(...) Luigi Spaventa, Come far piangere gli speculatori, Repubblica, 10 maggio 2010
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