(...) Si parte dalla contrapposizione religione/laicità, che spinge a divisioni politiche inconciliabili soprattutto perché – con un equivoco che non è solo semantico ma profondamente concettuale – nel mondo islamico «laico» è equivalente ad ateo. La maturazione di un modo più corretto di impostare la questione, con il rafforzamento (come faticosamente è diventato possibile nel mondo cristiano) della opzione di una religiosità laica, non è certo per domani, anche se non mancano gli intellettuali islamici che stanno cercando di spingere in questa direzione. Nel frattempo i laici vedono da un lato un islamismo violento, wahabita nell’ideologia e jihadista nella prassi, e dall’altro un islamismo moderato (come quello dei Fratelli Musulmani o del partito Akp in Turchia) che temono voglia perseguire, anche se con mezzi pacifici, la stessa finalità di un’islamizzazione della società imposta con la legge. Un timore che arriva a portare, come oggi in Egitto e ieri in Turchia, sedicenti democratici a schierarsi a favore di dittature militari anche profondamente repressive, ma laiche.
La seconda contrapposizione si riferisce alla spaccatura fra musulmani ed appartenenti ad altre religioni. Il Medio Oriente è stato sempre caratterizzato da una pluralità di comunità religiose che, anche in regimi non pluralisti, avevano finora mantenuto spazi di «agibilità» e un’integrazione di fondo con le maggioranze musulmane. Pensiamo soprattutto alle antiche comunità cristiane d’Oriente. I dittatori laici (Saddam, Mubarak, Assad e lo stesso Gheddafi) avevano, agli occhi di queste comunità, il non secondario merito di non discriminare nei loro confronti. Certo, opprimevano tutti i cittadini, ma non in quanto appartenenti o no all’Islam. In tutti i Paesi in cui i dittatori laici sono stati sostituiti da governi di maggioranza islamica (Iraq, Egitto, Libia), i cristiani hanno cominciato a sentirsi minacciati dagli islamisti più radicali, ma spesso con la connivenza o la passività degli islamisti moderati, mentre in Siria la presenza nello schieramento anti-Assad di gruppi wahabiti ha comprensibilmente aumentato l’avversione delle minoranze non islamiche nei confronti di un’ipotesi di caduta del regime e il sospetto nei confronti di una «democrazia islamica».
Ma la spaccatura più significativa, più generalizzata, più drammatica è quella fra sunniti e sciiti. Si tratta di uno scisma all’interno dell’Islam che ha radici antiche, visto che nacque per una disputa sulle modalità di successione al Profeta, e che nei secoli ha visto un alternarsi di periodi di quiescenza con periodi di feroce scontro non molto diversi da quelli che per secoli hanno caratterizzato il difficile rapporto fra cattolici e protestanti. (...)
Nessun commento:
Posta un commento