mercoledì 7 agosto 2013

Mettere la verità degli altri nelle nostre vite (S.Jesurum, Sette, Corriere della Sera)

(...) AMICIZIE VERE. L’inizio è struggente: «Questa che tu non leggerai è la conclusione di ciò che avrebbe potuto essere un’amicizia ebraico-araba. Avrebbe potuto essere e non è stata che in piccola parte perché, nelle attuali condizioni storiche, ogni tentativo di amicizia vera tra un ebreo e un arabo è destinato a fallire». Il problema era – esattamente così come è anche oggi, ed ecco il motivo per cui la lettera viene riproposta – che uno dei due ragazzi era un convinto sionista, realtà che l’altro rifiutava radicalmente. Quando scoppiò la guerra, Sergio aveva detto a Ibrahim che per lui non ci sarebbe stato problema: «Se vincono gli arabi, tu sei arabo, se vincono gli israeliani, tu sei israeliano. Per me, invece, c’è una sola soluzione possibile». Poi i due amici si persero. Questo è il confitto mediorientale, una faccenda terribilmente difficile, triste, complessa, amara per la dimensione umana prima ancora che per una questione politica e/o ideologica. (...)

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