mercoledì 21 agosto 2013

Al Cairo il re saudita si prende una vendetta da 12 miliardi su Obama (da ilFoglio.it)

(...) Il re Abdullah in queste settimane di dopogolpe si sta prendendo una rivincita enorme in Egitto contro i detestati Fratelli musulmani e contro, appunto, l’alleato americano Barack Obama. Soltanto due anni fa era al telefono con il presidente durante i giorni della rivoluzione egiziana e per la rabbia ebbe un malore con la cornetta in mano – così si disse, anche se la notizia non fu mai confermata. Il sovrano aveva chiesto che Washington schierasse il suo peso dalla parte di Hosni Mubarak contro le manifestazioni di popolo in piazza Tahrir e gli americani invece avevano abbandonato il rais egiziano al suo destino, all’arresto, alla prigione. Quando la sera dell’11 febbraio l’esercito egiziano annunciò le dimissioni del presidente, alla corte di Riad i sauditi erano lividi: non soltanto temevano che le proteste sarebbero prima o poi arrivate pure sotto le loro finestre ma avevano anche scoperto in quel momento che cosa gli alleati americani avrebbero fatto, anzi, non fatto. Se fosse giunta l’ora, Obama non avrebbe levato un dito in loro difesa. (...) 


L’ascesa dei generali era un esito molto sperato a Riad. Sul Monde Diplomatique, Alain Gresh nota che il 30 giugno, prima del golpe, un editoriale del giornale saudita Okaz annunciava: “Per evitare un bagno di sangue e la guerra civile, i militari governeranno l’Egitto per un breve periodo di tempo, non più di un anno”. Gresh descrive anche l’esistenza di una garanzia offerta dai Said ai generali egiziani: aiuti subito in cambio della rimozione dei Fratelli musulmani dal potere e di un trattamento migliore per l’ex presidente Mubarak, ora in prigione. Considerate le notizie su una possibile scarcerazione dell’ex rais, i militari hanno soddisfatto entrambe le condizioni. Tra loro e Riad c’è un rapporto di fiducia: il generale al Sisi è stato per anni l’attaché militare dell’ambasciata egiziana in Arabia Saudita e il presidente nominato dai militari, Adly Mansour, era definito in epoca prerivoluzione “l’uomo di Mubarak in Arabia Saudita”.
L’artefice di questa controrivoluzione è indicato nel principe Bandar bin Sultan, storico ambasciatore in America tornato capo dei servizi sauditi nel luglio 2012. Sarebbe lui a coordinare anche l’intensa attività di lobbying nelle capitali europee, in questi giorni, per fare ingoiare il boccone della repressione militare in Egitto.


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