[aggiornato con una risposta a un commento - 3 luglio 2012]
Ci sono molte cose da capire, nella questione del jet abbattuto dalla Siria. Gli errori esistono, e possono esserci stati da una parte come dall'altra; in questo senso bisogna sempre evitare di farsi prendere da suggestioni "dietrologiche" (tanto per intenderci, un'ipotesi di "incidente cercato").
Ci sono molte cose da capire, nella questione del jet abbattuto dalla Siria. Gli errori esistono, e possono esserci stati da una parte come dall'altra; in questo senso bisogna sempre evitare di farsi prendere da suggestioni "dietrologiche" (tanto per intenderci, un'ipotesi di "incidente cercato").
Però è anche vero che la Turchia, come già ricordavo in un precedente post, aveva già chiesto più di un mese fa l'intervento della Nato contro la Siria. Vien quindi da pensare che - incidente o meno - Erdogan possa essere tentato di spingere oltre il limite la reazione, costringendo la NATO a seguirlo.
Indipendentemente da torti e ragioni, che in politica sono sempre "malleabili", la domanda rimane sempre la medesima, analoga ad altre situazioni: abbiamo chiaro quale potrebbe essere l'orizzonte (logistico, temporale, e soprattutto politico) di un eventuale intervento militare?
La Libia sembra aver insegnato qualcosa, vista la reazione molto attenta del nostro Ministro degli Esteri. D'altro canto molti chiedono di intervenire in Siria per ragioni di contrasto all'azione repressiva di Assad, e questo incidente può - secondo alcuni - sbloccare la situazione (vd. per esempio Lia Quartapelle su Qdr).
La guerra può essere la soluzione? No. La guerra non è quasi mai risolutiva, ma può essere un mezzo estremo per spostare i pesi in campo, purché la si sappia fare: si sappiano condurre le operazioni sul campo, si sappiano gestire le relazioni con gli alleati sul terreno (quali?), si sappiano "prevedere" - paradossalmente - le "reazioni imprevedibili" (reazioni terroristiche, oppure di Iran, o Russia o Cina).
Mi pare che in questo momento molti elementi manchino per poter dare il via ad un'avventura difficile e molto rischiosa. Tenuto conto anche che - come si ricordava ieri a L'Infedele di Gad Lerner - Obama, in campagna elettorale, avrebbe probabilmente molte difficoltà a gestire la situazione.
Deve prevalere la politica: si "approfitti" della situazione per "circondare" la Siria, chiarire che la situazione interna - molto più che questi incidenti - sono inaccettabili per noi.
Si cominci intanto a trattare con Cina, Russia,e Iran.
No a una guerra; ma sia decretata la fine del regime di Assad.
Arriverà infine fra molti mesi, e sarà durissima per i siriani, ma arriverà.
Prepariamoci per tempo.
Francesco Maria Mariotti
[3 luglio 2012: in risposta a commento ggg]
[premetto che preferirei commenti firmati, ma preferisco non censurare; mi scuso per la posizione anomala della risposta, ma il blog ogni tanto decide di non farmi pubblicare]
Sinceramente trovo difficile sottolineare la laicità del governo siriano, mettendo in ombra il suo autoritarismo (legge marziale del 1963, per dire, abolita formalmente solo l'anno scorso, se non ricordo male).
Lecito fare i paragoni con altre realtà autoritarie, ma non cambia la situazione della Siria, e il fatto che Assad ha superato in maniera oramai definitva i limiti del tollerabile (vd. per es.: http://www.amnesty.it/siria-nuove-prove-crimini-contro-umanita-in-corso-da-parte-delle-forze-armate).
Il problema della politica - pardossalmente maggiore, quando l'esito come in questo caso è definito (anche per gli alleati della Siria, anche se temporeggiano) - è come arrivare al cambio di regime con il minor costo, anche se appare assurdo in una situazione del genere "soppesare" i costi.
Eoppure è necessario, proprio perché l'esplosione della Siria porterebbe a un caos ingovernabile tutto il Medio Oriente, e questo rende per certi aspetti "inattaccabile" il regime. Fra i calcoli da fare c'è - certo - anche quello di valutare chi siano gli oppositori e verso quale governo porterebbero il paese.
Ma i calcoli e il temporeggiare - per quanto comprensibili - non cambiano la sostanza del discorso: il dado è tratto. Assad è politicamente morto.
Scusate, ma perchè mai dovrebbe essere "decretata la fine del regime di Assad"? La Siria non sarà una democrazia compiuta, ma è un governo laico, socialista, multietnico e multireligioso. Facciamo il confronto ad es. con l'Arabia Saudita, una monarchia assoluta (non esiste un vero parlamento nè elezioni!) di stampo teocratico. Idem per Bahrein, Emirati ecc. O forse la discriminante è che questi ultimi sono filo-americani, mentre la Siria è alleata di Iran e Russia? In Siria non è in corso una generica repressione, come dicono i telegiornali, ma una guerra civile, in cui i ribelli sono costituiti da estremisti islamici (v. Al Qaeda), che usano sistematicamente metodi terroristici - ggg
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