Migliaia di sud sudanesi sono rimasti uccisi in una settimana di aspri combattimenti tra le forze del presidente del Sud Sudan Salva Kiir e del suo rivale Riek Machar. Lo ha reso noto in serata Toby Lanzer, capo della missione umanitaria delle Nazioni Unite nel Paese africano.
«MIGLIAIA DI MORTI - «Non c’è alcun dubbio per me, il bilancio è di migliaia di morti», ha detto Toby Lanzer. In Sud Sudan la situazione è sfuggita di mano, le vendette tra le diverse fazioni politiche e gruppi etnici vanno avanti senza sosta ormai da parecchi giorni con attacchi e uccisioni mirate. Sono state ritrovate fosse comuni con 75 corpi di cui 34 sembrano appartenere a persone del gruppo etnico Dinka, mentre gli altri 41 non sono ancora stati identificati. Una fossa comune è stata scoperta a Bentiu, mentre altre due sono state rinvenute nello Stato di Juba, a Jebel-Kujur e Newsite. Non è chiaro di chi sia la responsabilità degli omicidi, personale Onu sta indagando sul posto.(...)
(...) Purtroppo bisogna fare i conti anche con i giornalisti che vogliono essere i primi a dare notizie e non le verificano, le esagerano, danno notizie solo da una delle due parti, e cosi facendo alimentano il conflitto, amplificano straordinariamente le tensioni, creano la psicosi. Mi è capitato di sentire un keniano evacuato il quale parlava concitatamente di pulizia etica in atto a Juba con uccisioni casa per casa, di torture e di stupri. Ad una domanda precisa e insistente ha finito con l'ammettere che lui non ha visto niente, che alla notizia degli scontri si è chiuso in casa ed ha saputo tutto dalle emittenti straniere. Come noi a Nairobi.
I fatti verificati, anche da un amico giornalista che ha visitato Juba per poche ore, sono comunque gravissimi e le vittime ormai si contano a migliaia. In un breve collegamento via facebook con Yida un amico sud-sudanese mi racconta episodi tremendi accaduti fra dinka e nuer. Finora i nuba non sono stati coinvolti.
Tutto era scritto a lettere chiare. Antipatico dirlo, ma mi era stato facile prevedere quello che sta succedendo in un blog dello scorso luglio. Sorprende che la comunità internazionale non sia intervenuta per tempo dopo tutte le dichiarazioni di sostegno al “paese piu giovane del mondo”? Niente più ci sorprende. Neanche che adesso la comunità internazionale esprima il solito finto stupore e faccia i soliti inefficaci interventi diplomatici.
La responsabilità è tutta e primariamente dei leader. Inutile cercare colpevoli esterni. Può esser vero che alcune forze estranee cerchino di approfittare della guerra per trarne vantaggi (forniture petrolifere), è certamente vero che il governo del Sudan, a Khartoum, gongola e probabilmente sta alimentando le tensioni. Ma non sono fattori determinanti. Il fattore determinante degli scontri è che i leader sud-sudanesi, che hanno studiato a Mosca e negli Stati uniti, usano la loro preparazione e competenza al servizio esclusivo delle propria sete di potere e trascinano le loro genti in avventure tanto inavvedute quanto criminali. Un peso gravissimo che condizionerà per molti anni ancora la possibile rinascita del Sud Sudan.
(...) Purtroppo, questa descrizione è riduttiva e riferita solo ad un segmento della società sudsudanese, ma mi ricorda quanto quel che sta accadendo in Sud Sudan - 1000 morti solo in questa settimana, a seguito dei 'disordini' successivi ad un tentativo di colpo di stato - fosse tristemente nell'aria ancor prima che il Sud Sudan ottenesse quella (giusta) indipendenza. Si veniva da decenni di guerra civile letteralmente scolpiti sulla pelle di una popolazione che già sapeva che l'indipendenza implicava solo la progressiva (tutt'altro che sicura) regolazione dei problemi con Khartum, ma non certo di quelli interni. In Sud Sudan esistono molte identità tribali - per giunta in conflitto tra loro - ma è tutta da verificare l'esistenza di quella nazionale.
Ora mi immagino questi ragazzi - che facevano a gara per mettersi in posa davanti al bovino più possente e strabuzzavano gli occhi di fronte alla loro immagine immortalata da una macchina fotografica digitale, un'immagine che fino a quel momento avevano visto solo riflessa sull'acqua di un torrente - nascosti tra i cespugli mentre si sparano tra di loro. Vigili e preoccupati, oltre che dai proiettili 'nemici', dagli assalti notturni dei leoni. Dal morso di un serpente. Dal veleno di scorpioni grandi come scarpe da trekking.
Pochi minuti dopo aver scattato queste foto - sulla via del ritorno a bordo di una jeep - ho assistito in lontananza all'esecuzione a sangue freddo di un ladro di bestiame, colto in flagrante. Cinquanta metri da me, non di più. Ricordo nitidamente come la cosa mi scioccò tutto sommato meno del previsto. Era passato un mese dal mio arrivo in Sud Sudan e la militarizzazione di un'area sottosviluppata trasmetteva sensazioni sinistre, ogni tanto. Il misfatto, non raro, era largamente prevedibile. Come un giorno di pioggia: poteva accadere, chiunque lo sapeva.(...)
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