Era forse inevitabile che la crisi economica trascinasse nella sua spirale, oltre ai diritti sociali (cosa amara, ma in qualche modo comprensibile, in quanto diritti necessariamente "economici"), anche i diritti civili dati come acquisiti.
La scelta della Spagna - che in un certo senso aveva modernizzato quasi "in eccesso", con la politica di Zapatero che segnava un'avanguardia (forse poco elaborata e condivisa) su questo fronte - di tornare indietro su un tema come l'aborto segna un passaggio pericoloso, per vari motivi che provo a spiegare.
1. Sul merito della questione giova ripetere quanto già detto e documentato migliaia di volte, da più parti: restringere le condizioni dell'aborto legale non servirà a diminuire realmente l'entità del fenomeno e sposterà nella clandestinità l'interruzione di gravidanza. Ci sono fenomeni che attengono alla sfera privata della vita delle persone che non possono essere regolati con troppa severità o minuziosità dallo Stato. Sono materie che è inevitabile lasciare all'autonomia delle persone.
Non si discute del fatto che l'aborto sia un dramma; e può essere tristemente vero che rendere praticabile l'aborto legalmente rischi di renderlo "più facile" anche per persone inconsapevoli, o in casi che potrebbero essere gestiti diversamente.
Ma non c'è scelta, ed è forse questo che sembra non accettabile, per alcuni: bisogna fidarsi delle donne. L'alternativa è secca e pericolosa, ed è appunto la clandestinità e l'ipocrisia: il valore declamato nella legge, ma rischiosamente (per la salute e la vita delle donne, soprattutto) contraddetto nella pratica silenziosa e sotterranea.
2. Quanto più la politica sembra incapace di regolare le questioni economiche, tanto più si cerca di retrocedere (o avanzare, anche) sul piano di questioni cosiddette "etiche"; quasi a voler rimarcare una "sovranità perduta", lo Stato tenta di regolare la società anche in campi in cui il regolamento rischia di essere più dannoso che positivo.
Questo può accadere, in teoria, anche con scelte "progressiste": la sinistra spesso dà l'impressione di maneggiare queste tematiche "a surroga" di una perduta capacità della propria parte di incidere sulle questioni sociali.
Beninteso: le questioni civili hanno una ricaduta, e forte, anche sullo status economico e sociale delle persone, naturalmente. Quindi sulla loro effettiva eguaglianza e libertà. E anche in questo senso il passo indietro della Spagna sembra pericoloso, perché di fatto rende la donna meno libera.
Ciò detto, vale la pena soffermarsi sul fenomeno più generale, e che la svolta della Spagna sembra confermare: una politica impotente nei fatti crudi dell'economia non cerca nuove soluzioni, ma "alza la voce" - e la spada del diritto - su questioni che - in ultimo - non potrà mai pienamente controllare, rendendo banalmente più difficile - e più sofferente - la vita ai cittadini.
3. Rischio "imitazione". L'Italia non è la Spagna, e il lungo processo che ha portato alla legge 194 forse ha creato un buon sostrato culturale, in grado di "assorbire" la tentazione di "revanscismo" su questo fronte. Ma anche in questo caso, una retorica mal dosata - e mal pensata - di "rientriamo nei ranghi" rivolto alle scelte di progresso degli anni '70 (magari collegandole impropriamente a altre scelte non sempre felici di quegli anni) - può essere una pericolosa arma di seduzione per una politica troppo incline agli slogan.
"It's the Economy, stupid", era lo slogan degli anni di Clinton. Prima la politica tornerà a guardare - con concretezza ed umiltà - a ciò che è possibile e realizzabile in quel campo, meno toccheremo con inefficaci regole le vite delle persone; solo così daremo ai cittadini i mezzi per decidere - da soli - della loro vita (e della loro morte) e di come trovare la loro felicità.
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