(....) Per quello che riguarda l’ordine pubblico, noi chiediamo al governo di usare tolleranza zero, verso chi si è reso o si renderà responsabile degli atti violenti di cui abbiamo parlato, di identificare e denunciare coloro i quali hanno minacciato i cittadini nei giorni scorsi e ancora in questi, di togliere, senza più porre tempo in mezzo, i blocchi stradali che sono ancora operanti. Di identificare e denunciare chi si sia reso responsabile dell’organizzazione materiale e logistica di una così vasta rete di eventi contemporanei e di trasferimenti di persone. Chiediamo anche un contributo di conoscenza. Noi vogliamo conoscere i nomi e le organizzazioni che sono state dietro questi inaccettabili eventi. Vogliamo sapere chi c’era oltre ai legittimi manifestanti, quali gruppi, sigle, tendenze politiche. Certo la politica deve dare risposte, puntuali, rapide, significative; ma nessun lassismo, nessun attendismo, rispetto ai violenti, cambierà di un millimetro la drammatica crisi sociale che attraversiamo. La soluzione di quei problemi si trova qua dentro, in Parlamento, o non si trova; conosciamo già le scorciatoie violente della storia, e non siamo disponibili a ripeterne gli errori. Nessun ritardo per le risposte politiche dunque, ma nessuna tolleranza per la violenza, i ricatti e le squadracce che hanno messo a soqquadro per il paese.
Da tre giorni le principali città italiane, ma soprattutto Torino, sono ostaggio di una confusa rivolta. Confusa, perché raccoglie un effettivo forte disagio sociale, ma pure un trasversale ribellismo dai molti e anche ambigui colori. Confusa, perché gli obbiettivi o sono così vaghi o sono così irrealistici da apparire puri pretesti.
Pretesti per sfogare una protesta destinata a non avere risultati concreti. Confusa, perché invece di colpire i presunti «nemici del popolo», la classe politica, nazionale e locale, colpisce il popolo. Quello dei pendolari, costretti a raddoppiare la fatica di una già durissima giornata; quello dei commercianti, obbligati dalle minacce dei rivoltosi a rinunciare ai pur magri incassi prenatalizi; quello della gente comune, costretta a complicati e, in alcuni casi, perigliosi pellegrinaggi tra serrande sbarrate. Una rivolta, invece, chiarissima nel dimostrare una realtà ormai emersa in molti casi, ma mai in maniera cosi evidente: l’assenza dello Stato.
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