"Una simile pace dovrebbe permettere a tutti gli uomini di navigare senza impedimenti oceani e mari." (Carta Atlantica, 14 agosto 1941)
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Buon primo maggio
lunedì 7 dicembre 2020
L'illusione illuminista
sabato 5 dicembre 2020
Mes, cos'è e cosa prevede la riforma (AdnKronos)
"L'Esm o Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità, è il meccanismo per la risoluzione delle crisi creato nel 2012 per gli Stati dell'area euro. Serve a fornire assistenza ai Paesi dell'Eurozona che hanno seri problemi finanziari; raccoglie fondi sul mercato dei capitali e mediante transazioni sul mercato monetario. Non è finanziato da denaro dei contribuenti, capitale a parte: si finanzia sui mercati, emettendo obbligazioni. (...)
BACKSTOP - Tra questi obiettivi, c'è anzitutto il backstop , cioè la garanzia di ultima istanza, per il Single Resolution Fund (Srf), o Fondo Unico di Risoluzione: quest'ultimo è un fondo, finanziato dalle banche stesse e non dai contribuenti, che interviene per 'risolvere', come si dice in gergo, le banche fallite. Questa garanzia (backstop) dovrebbe essere fornita dall'Esm, con una linea di credito che fa, appunto, da garante di ultima istanza, cioè nel caso in cui l'Srf si trovi a corto di fondi. La sua esistenza dovrebbe contribuire a scoraggiare attacchi speculativi.
Il backstop, nelle intenzioni originarie, sarebbe dovuto entrare in vigore, entro il primo gennaio 2024; ora dovrebbe entrare in vigore prima, a inizio 2022, avendo le banche fatto progressi sufficienti nella riduzione degli Npl, come vengono detti in gergo i crediti deteriorati. Le banche del Sud Europa, specie in Italia quelle più grandi, hanno in gran parte ripulito i bilanci dalle sofferenze eredità della passata crisi, e ora dovranno caricarsi quelle che verranno prodotte dalla crisi in corso. (...)
LINEE DI CREDITO AGLI STATI - Il Mes ne ha a disposizione di due tipi, le Precautionary Conditioned Credit Lines (Pccl) e le Enhanced Conditions Credit Line (Eccl); la riforma punta a rendere le prime più "efficaci".
Le linee del Pandemic Crisis Support creato nella prima metà del 2020 per aiutare gli Stati a combattere la pandemia di Covid-19, e finora inutilizzate, non fanno parte della riforma.
Le Pccl sono a disposizione di Stati membri dell'area euro con fondamentali economici "solidi", ma che vengono colpiti da choc avversi al di là del loro controllo. La Pccl funziona come una polizza di assicurazione: in pratica, l'assunzione di base è che il fatto stesso che esista sia sufficiente a placare i mercati; in questo modo, non ci dovrebbe essere neanche bisogno di utilizzarla.
In poche parole, le Pccl servono a disinnescare le crisi, impedendo che diventino più gravi (...)
Chi richiede la Pccl non dovrà firmare un memorandum d'intesa e fare riforme, ma firmerà una lettera di intenti, in cui si impegna a continuare a rispettare tutti i criteri di eligibilità; il rispetto degli stessi verrà valutato ogni sei mesi. Se un Paese membro del Mes non rispetta più i criteri, allora la linea di credito viene interrotta, a meno che il board non decida per consenso di mantenerla.
Il Paese cui viene recisa la linea di credito può comunque chiedere un altro tipo di aiuto dall'Esm. I membri dell'Esm che non rispettano i criteri per la Pccl possono chiedere la Eccl, Enhanced Condition Credit Line; devono comunque avere una situazione economica e finanziaria "solida". Il Paese che richiede una Eccl deve siglare un memorandum d'intesa, con cui si impegna a rispettare le condizioni previste dal memorandum stesso.
Il Paese si impegna ad adottare misure correttive che affrontino le sue debolezze e per evitare problemi futuri per quanto riguarda l'accesso ai mercati. Quando ottiene una Eccl oppure preleva da una Pccl, il Paese è soggetto a sorveglianza aumentata da parte della Commissione Europea, sorveglianza che copre le condizioni finanziarie del Paese e il suo sistema finanziario. Queste regole esistono dal 2012 e rimangono invariate nel trattato che dovrebbe emergere dalla riforma.
LE CACs - C'è poi il capitolo delle Cacs, le clausole di azione collettiva (Collective Action Clauses, previste nei titoli di Stato: consentono di cambiare le condizioni contrattuali a maggioranza, rendendo i cambiamenti efficaci per tutti i titoli, non solo per quelli detenuti da coloro che hanno acconsentito ad una ristrutturazione.
Le Cacs esistono da anni (vengono previste nei titoli di Stato dell'Eurozona, quindi anche nel nostro debito, fin dal 2013) e non sono un'invenzione della riforma; sono state introdotte per rendere più facili e ordinate le ristrutturazioni dei debiti sovrani.
Le Cacs sono essenzialmente uno strumento per rendere più gestibile, rapida e ordinata, per quanto possibile, la ristrutturazione di un debito, senza che rimanga incagliata per anni per via di cause giudiziarie. Attualmente, le Cac sono 'Double-Limb': prevedono cioè, per cambiare le condizioni contrattuali e rendere le condizioni di ristrutturazione efficaci erga omnes una doppia maggioranza, una al livello di ogni serie di titoli e l'altra a livello di tutte le serie combinate.
Con la riforma verrebbero introdotte le Single-Limb Cacs, che prevedono solo la seconda delle due maggioranze, rendendo così meno probabile la formazione di minoranze di blocco tra i bondholders, minoranze che possono ostacolare la ristrutturazione del debito. Le Single-Limb Cacs verrebbero introdotte a partire dal primo gennaio 2022. Su questa parte della riforma, come su quella relativa alle linee di credito, incidono le tradizionali preoccupazioni dei Paesi nordici, che vedono i rendimenti dei titoli di Stato come un utile freno alle supposte tendenze dei Paesi mediterranei ad allargare i cordoni della borsa. (...)
RUOLO DELLA COMMISSIONE E DEL MES - Tornando alla riforma, il Mes, nell'ambito della ristrutturazione di un debito, può, se richiesto dallo Stato stesso, facilitare il dialogo tra il Paese e gli investitori privati. Nei prossimi programmi di assistenza finanziaria, l'Esm avrà un ruolo maggiore, specie nel delineare la condizionalità politica: ogni memorandum d'intesa verrà firmato sia dalla Commissione che dal direttore dell'Esm.
Commissione e Mes prepareranno insieme le valutazioni necessarie ai nuovi programmi. Nel caso in cui il Mes e la Commissione non concordino sull'analisi di sostenibilità del debito, la seconda sarà responsabile dell'analisi, il primo valuterà la capacità del Paese di rimborsare l'Esm. Il nuovo trattato sull'Esm entrerà in vigore solo dopo la ratifica in tutti i 19 Stati membri, il che comporta il via libera dei Parlamenti nazionali, dopo la firma nel gennaio 2021.
Mes, cosa prevede la riforma? Le modifiche e il significato per l’Italia (Federico Fubini, Corriere della Sera - Economia)
"(...) vale la pena vederne almeno i cinque aspetti salienti: tre rilevanti perché sono stati varati dall’Eurogruppo lunedì scorso e due rilevanti proprio perché non fanno parte della riforma (anche se alcuni Paesi avrebbero voluto introdurli). Vediamo dunque prima di tutto cosa c’è nella riforma del Mes e poi cosa non c’è.
1. Il paracadute per le banche
La riscrittura del trattato sul Mes introduce la possibilità di anticipare all’inizio del 2022, cioè di fatto fra un anno, il cosiddetto «backstop» al Fondo unico di risoluzione per le banche. Di che si tratta? Si può pensare al «backstop» come a un paracadute finanziario, le cui risorse proverrebbero dal Mes, da aprire quando una banca in dissesto va smantellata, ma le risorse disponibili per farlo in modo ordinato - cioè mantenendo l’operatività per i clienti - non bastano. (...)
2. Le «clausole di azione collettiva» sul debito
Le CACs, o clausole di azione collettiva sul debito, sono già inserite dal 2013 nei prospetti che fissano i termini contrattuali di tutti i bond emessi da Stati dell’area euro con maturità di un anno e oltre. Sono peraltro ormai pratica molto diffusa a livello internazionale. Queste clausole dicono in pratica una cosa sola: lo Stato emittente può modificare i termini del bond che ha emesso (per esempio, decide di rimborsarlo dopo o di rimborsarlo in parte, in sostanza decide una forma di default) se c’è l’approvazione di una maggioranza qualificata dei suoi creditori. L’iniziativa dev’essere sempre dello Stato in questione e presumibilmente viene presa solo quando quest’ultimo è in profonda crisi finanziaria, schiacciato dal proprio debito e incapace di trovare nuovi prestiti sul mercato per rimborsare regolarmente i vecchi. Le CACs essenzialmente servono a rendere il processo di default più ordinato, prevedibile e senza trattamenti di favore o discriminazioni verso singoli creditori.
3. Le linee di credito precauzionali
Si tratta di linee di credito più leggere a titolo precauzionale se uno Stato minaccia di finire in difficoltà, ma non ha ancora perso l’accesso ai finanziamenti di mercato. Come sempre, la decisione di richiede il prestito del Mes spetta solo e soltanto al governo interessato. In teoria - anche se è poco plausibile - un governo a corto di liquidità per pagare pensioni e stipendi potrebbe anche decidere di chiedere un prestito alla Cina, al Fondo monetario internazionale o di fare default e non onorare i propri impegni finanziari (ma questo gli renderebbe impossibile trovare altri prestiti in futuro). Le linee «precauzionali» (che esistono già da anni) vengono naturalmente molto prima di questi scenari drammatici. (...)
Ma altrettanto importante è sottolineare quello che nella riforma del Mes non c’è. O magari poteva esserci ma alla fine non è stato inserito.
4. Nessun «bail-in» del debito pubblico
Non c’è nella riforma del Mes alcun «bail-in» del debito pubblico, come inizialmente richiesto da molti in Germania o in Olanda. L’idea era che, prima di ricevere l’assistenza del Mes, uno Stato fosse obbligato in via preliminare a fare default sui suoi creditori esistenti. Questa proposta non è entrata nella riforma del Mes: si è valutato che avrebbe reso più nervosi gli investitori, alzato gli interessi di mercato sul debito pubblico dei Paesi fragili e reso una crisi più probabile. Ci sarà invece una valutazione preliminare di sostenibilità del debito ad opera della Commissione europea e dello stesso Mes. Ma questo cambia molto poco rispetto alla situazione attuale e alla normale pratica di organismi del genere, per esempio del Fondo monetario internazionale.
5. La Commissione Ue ultimo arbitro
Non c’è nella riforma del Mes un trasferimento dei compiti di sorveglianza di bilancio dalla Commissione europea (organismo comunitario, che decide a maggioranza) al consiglio del Mes (organismo intergovernativo, che decide con diritti di veto di ciascuno degli Stati sulle scelte più importanti). In sostanza Paesi «frugali» come Olanda o Finlandia non potranno divenire arbitri ultimi della misura in cui l’Italia rispetta o non rispetta le regole di bilancio. Lo sarà sempre la Commissione europea, più abituata al negoziato e ai compromessi. Anche questa richiesta era stata avanzata da ambienti dell’Europa del Nord, ma è stata respinta. Il direttore generale del Mes avrà il compito di preparare le decisioni sui singoli Paesi da parte del consiglio dell’ente. Ma questo cambia poco rispetto alla situazione attuale. (...)"
martedì 1 dicembre 2020
Perché Qe e monetizzazione del debito non sono sinonimi (Tommaso Monacelli, laVoce.info)
"Quantitative easing e monetizzazione del debito sono profondamente diversi per natura e obiettivi. E soprattutto il secondo porterebbe alla perdita di uno dei beni pubblici più importanti dell’Europa di oggi: l’indipendenza della banca centrale.
(...)
Immaginiamo una banca centrale che si impegni oggi ad acquistare ogni nuova emissione di debito dello stato. Così facendo, rinuncia completamente a gestire la quantità di moneta emessa nel sistema economico. Gli agenti capirebbero facilmente che la banca centrale non avrebbe l’autonomia operativa, ad esempio, per contrarre la quantità di moneta in circolazione quando l’economia esibisse spinte inflazionistiche. Quindi, nel regime di finanziamento monetario, non solo la banca centrale alimenterebbe l’effetto inflazionistico di maggiore spesa pubblica, ma quell’effetto verrebbe amplificato dal lievitare delle aspettative di inflazione.
L’indipendenza delle banche centrali
La teoria economica ha compreso molto bene il punto e non è un caso che la conduzione della politica monetaria sia stata negli ultimi decenni svincolata da quella della politica fiscale. L’idea chiave dell’indipendenza della banca centrale ha posto le basi – nei paesi avanzati, ma gradualmente anche in molti paesi in via di sviluppo – per una riduzione permanente del livello di inflazione rispetto agli alti e costosi livelli degli anni Ottanta e Novanta. Una lezione che pare dimenticata.
Oggi è infatti molto diffusa l’idea che le recenti politiche di acquisto di titoli di stato da parte della Banca centrale europea (il cosiddetto Quantitative easing) equivalgano a un finanziamento monetario del debito. Per giunta, si dice, senza che abbia dato alcun segno di incremento dell’inflazione in Europa. Il finanziamento monetario del debito sarebbe dunque possibile senza alcun costo inflazionistico.
In realtà, il Qe è cosa ben diversa dal finanziamento monetario del debito. Mentre il secondo consiste in un impegno permanente ad acquistare i titoli di stato emessi dallo stato (e a tenerli sul proprio bilancio), il primo ha per costruzione una natura temporanea. Nessuna banca centrale che abbia operato con il Qe negli ultimi anni ha mai segnalato, in alcun modo, che i titoli di stato acquistati sarebbero stati mantenuti sul bilancio in via permanente. È un aspetto cruciale, eppure sempre ignorato nel dibattito comune. Non è un caso che la Bce non abbia mai preso alcun vincolo ad acquistare titoli di stato dei paesi europei precludendosi la possibilità di rivenderli (seppur gradualmente) in futuro. In altre parole, la banca centrale utilizza il Qe come strumento non convenzionale di politica monetaria in un quadro di piena autonomia dalla politica fiscale. Autonomia, cioè, di decidere in futuro di rivendere quei titoli per regolare la massa monetaria in circolazione quando l’inflazione dovesse ricominciare a crescere. La stessa cosa vale per il Giappone, spesso indicato come esempio virtuoso in cui la banca centrale sta acquistando quote crescenti del debito pubblico. (...)
La natura e l’obiettivo del Qe sono profondamente diversi da un regime di monetizzazione del debito. Con il Qe l’obiettivo della banca centrale è di raggiungere un rialzo graduale, ma contenuto, dell’inflazione, in linea con il target. Mantenendo l’autonomia di regolare la massa monetaria in futuro quando l’inflazione dovesse ricominciare a crescere. La monetizzazione del debito non porterebbe ad altro, prima o poi, che a una perdita di controllo sull’andamento dell’inflazione (una tassa regressiva che colpisce innanzitutto i più poveri). E soprattutto porterebbe alla perdita di uno dei beni pubblici più importanti che l’Europa possiede oggi: l’indipendenza della banca centrale."
https://www.lavoce.info/archives/71021/perche-qe-e-monetizzazione-del-debito-non-sono-sinonimi/
sabato 7 novembre 2020
Conservatori: un nuovo percorso
La politica estera di un nuovo presidente USA
martedì 17 settembre 2019
Il Figlio Del Vento, La Terra Dei Liberi
È qualche mattina che mi sveglio con in testa l'inno statunitense; non so perché, so solo che si fa sentire. Stamani ho focalizzato un po' di più la cosa e il ricordo che si è collegato nella mia mente è Carl Lewis che con medaglia d'oro al collo ascolta questa musica.
Carl Lewis, il Figlio del Vento. Carl Lewis che correva in modo che a me pareva perfetto ed elegante, deciso e forte. Vinse molto, ma poi cedette lo scettro (almeno quello della velocità) a Ben Johnson, più potente, forse più forte. Forse.
Eppure.
Non era la stessa cosa: Ben Johnson sembrava veramente più potente, ma la cosa, come dire, si "fermava" lì. Corsa velocissima, ma stop. Di più, nulla. Di più, non c'era, o almeno: in me non è rimasto molto.
Non so se si può trarre qualcosa di più, da un ricordo così personale. Ci provo.
Non puoi essere solo "potente", se vuoi incidere nella memoria delle persone, se vuoi superare la cronaca, se vuoi far provare qualcosa che sembri almeno un po', solo un po', meno effimero del resto.
Poi, tutto è paglia che deve bruciare, e che prima o poi brucerà. A chi interesserà la falcata del Figlio del Vento fra centinaia di anni? Forse non ci saremo neanche più, come genere umano.
Ma non importa. Almeno per un momento l'eleganza fa sembrare meno pesante il tutto, meno greve l'aria del quotidiano.
Capita, a volte.
Chissà se anche così si costruisce (silenziosamente, non qui, non ora) una qualche terra dei liberi, una strana e impalpabile patria dei coraggiosi.
Francesco Maria Mariotti
(post pubblicato su Fb)
venerdì 13 settembre 2019
Tommaso Padoa-Schioppa, Ciascuno nel mondo (Corriere della sera, 23 settembre 2001)
Tommaso Padoa-Schioppa, Corriere della sera, 23 settembre 2001
"Ciascuno nel mondo
Parte della risposta ai tragici fatti dell’ 11 settembre dev’ essere un intrepido e assorto ritorno al quotidiano operare, alla fiducia a scuola e in Borsa, alle normali conversazioni in casa e in ufficio. La capacità di liberarsi dalla minaccia del terrore che ha improvvisamente colpito il mondo dipenderà anche da come ciascuno, nel mondo, vivrà questo ritorno. Ciascuno nel mondo, perché miliardi di persone di tutte le età hanno visto le immagini del disastro, centinaia di milioni conoscono New York e ne hanno visitato le torri.
In quello stesso martedì di settembre, nei minuti e nelle ore che seguirono l’ attacco, in innumerevoli sedi pubbliche e private, dentro e fuori gli Stati Uniti, ci si riunì sgomenti, non sapendo che fare. Si decise che «il lavoro continua», business as usual. Per i più non era insensibilità, ma bisogno di una norma sicura, dunque di normalità.
Lavoro, abitudini, normalità hanno subìto l’ urto di eventi orridi e discriminanti che ognuno ricorderà per sempre. Sappiamo, stiamo poco per volta capendo, che quegli eventi porteranno cambiamenti anche nel vivere quotidiano. Né il prevalere del terrore né la sua sconfitta lascerebbero immutate le nostre abitudini. Tanto meno le lascerà immutate la lotta contro il terrore, di cui ora non conosciamo né i tempi né l’ esito.
Del vivere quotidiano, della normalità, l’ attacco terroristico è stato ferita e tradimento. Normale era la giornata di lavoro cui si accingevano le migliaia di persone che sono morte. Normale era la vita in cui i terroristi si erano mimetizzati per anni in attesa del giorno dell’ attacco. «Normali», si disse mesi fa, erano Omar ed Erika prima e dopo l’ uccisione di mamma e fratello.
Il quotidiano è fatto di abitudini lente a cambiare. In ciò sta il suo valore, perché in-corpora saggezza e civiltà sedimentate a lungo, entrate nelle fibre di ciascuno. Le abitudini sono e danno forza. Ai bambini danno fiducia; agli adulti libertà. Il lavoro è necessità e fatica; ma è anche sicurezza e riflessione. Nel ritorno al quotidiano vi sono consolazione e sostegno, ma anche difesa e riaffermazione della saggezza e della civiltà.
Il ritorno al quotidiano diventerà una risposta intrepida se sapremo evitare l’ insidia di due tentazioni, due forme di evasione dalla realtà, ugualmente pericolose: l’ indifferenza nel quotidiano e lo sconvolgimento del quotidiano. Dovremo invece fare il possibile perché il pensiero di ciò che è avvenuto, la ricerca delle cause, la volontà di fare fronte impregnino il nostro quotidiano, facendone riconoscere insieme il valore e le mancanze, dunque le correzioni necessarie.
Quando, durante un gioco, Ignazio di Loyola e alcuni suoi compagni si chiesero come avrebbero speso quell’ ora se avessero appreso che era l’ ultima della loro vita, chi disse che si sarebbe ritirato a pregare, chi che sarebbe corso dai suoi cari o avrebbe donato ogni suo bene ai poveri. Ignazio disse: continuerei questo gioco. (...)"
http://www.tommasopadoaschioppa.eu/mondo/ciascuno-nel-mondo.html
(link verificato in data 13 settembre 2001)
sabato 7 settembre 2019
Sul Governo cosiddetto "Conte-bis"
[Scritto il 5 settembre come post su Fb]
Commento del tutto personale, e "a prima vista", da approfondire e magari da rivedere: ottima scelta per ministero dell'Interno, vista la situazione. Brutte, molto, su Giustizia e Esteri.
Su Economia vedremo, potrebbe essere scelta interessante, se Commissione europea "apre" e se saremo capaci di muoverci come sistema-Paese.
In breve: forse questo governo era un tentativo da fare. Magari riuscirà. Ma.
Ma molta parte del paese, come ho già scritto, non capisce, temo; e forse ha anche "perso" dei passaggi, magari più seguiti e conosciuti dagli appassionati che seguono la politica anche in vacanza. E questa gestione "tutta estiva" della crisi può creare grandissime difficoltà.
Un monito, già scritto: la gestione della questione migratoria e della sicurezza non può "ribaltarsi" in brevissimo tempo; un nuovo stile (non "cattivista", diciamo) deve comunque essere contrassegnato da rigore, lucidità, e capacità di dialogo con tutti i cittadini, soprattutto con chi è più esasperato e abbandonato. Altrimenti si rischia di fare un regalo a chi fomenta odio e divisione.
Un ulteriore monito che riguarda anche situazione in UK e Europa in genere. Le questioni che il "sovranismo" - "nazionalismo" pone (in modi inaccettabili) alle nostre democrazie rimangono tutte in piedi.
Attenzione a non perdere di vista la necessità di risposte di lungo periodo, che non passano attaverso "vittorie politico-parlamentari".
(Su Giustizia magari ci tornerò su più avanti)
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10220698566955445&id=1274444055
lunedì 26 agosto 2019
Un percorso europeo per le riforme italiane (Maurizio Ferrera, Corriere della Sera)
sabato 3 agosto 2019
Allarghiamo Il Castello
Alcune Riflessioni
martedì 23 luglio 2019
Il flirt iraniano di Trump (Daniele Raineri, ilFoglio)
Molto interessante, e non sorprendente. E forse non a caso ieri da UK una proposta di pattugliamento dello stretto di Hormuz che sia UE e autonomo dagli Usa.
FMM
"(...) Per arrivare a negoziare di persona con il dittatore nordcoreano Kim Jong Un, il presidente americano usò nella fase iniziale un approccio durissimo, promise che avrebbe risposto ai test di Kim con “fire and fury”, irrise Kim e lo chiamò “l’uomo razzo”. Poi quando la tensione divenne molto alta accennò alla possibilità di un incontro personale e ci fu una svolta diplomatica. Da allora i contatti sono diventati frenetici. Trump ha incontrato Kim già tre volte ormai – e in ogni occasione i media sono impazziti. Durante l’ultimo incontro il presidente americano ha varcato la linea di confine nella zona demilitarizzata tra Corea del nord e Corea del sud per stringere la mano a Kim e non era mai successo prima. Che importa se risultati concreti per ora non ce ne sono e la Corea del nord non ha alcuna intenzione di rinunciare alle armi nucleari, l’attenzione attorno a Trump è stata altissima e quindi i negoziati dal suo punto di vista sono senz’altro una cosa eccellente. Kim nel frattempo si gode una legittimità internazionale che non aveva mai avuto perché era sempre stato considerato un mattoide.
È possibile che Trump desideri la stessa cosa con l’Iran. Durante la campagna elettorale definì l’accordo firmato dal predecessore Obama con l’Iran per congelare il programma atomico “il peggiore accordo di sempre”, e queste parole sono famose, ma si tende a dimenticare quello che disse dopo: “Io ne farò uno migliore”. Se dopo essere stato il primo presidente americano a varcare il confine sul trentottesimo parallelo in Corea Trump diventasse anche il primo presidente a essere invitato in Iran dopo la rivoluzione del 1979, sarebbe un evento storico. È probabile che l’eccitazione che abbiamo visto quando è successo in Corea del nord in confronto all’Iran sarebbe poca cosa, come una prova generale dello spettacolo vero.
Per ora tutto questo resta sullo sfondo, ma ci sono segnali molto chiari. Quando a giugno Trump ha annullato all’ultimo momento un raid aereo contro obiettivi militari in Iran, ha fatto arrivare agli iraniani la richiesta di negoziati. L’Amministrazione americana per due anni ha applicato all’Iran la linea della “massima pressione possibile”, quindi sanzioni molto dure e annullamento dell’accordo del 2015, ma ora ha fatto sapere che non impone condizioni per i negoziati: basta che avvengano. E negli ultimi giorni dall’Iran sono arrivate dichiarazioni di disponibilità dalle due correnti interne al regime, quella del presidente pragmatico Hassan Rohani e quella del falco populista Mahmoud Ahmadinejad. Quest’ultimo, che non ha più incarichi di governo ma ha molto seguito, ha detto al New York Times che “Trump è un uomo d’affari, sa come calcolare costi e benefici a lungo termine”. In Iran si comincia a pensare che, in cambio di una bella foto con Trump, ci si potrebbe liberare di molte sanzioni. Ieri il segretario di stato americano, Mike Pompeo, ha detto al governo britannico “dovete prendervi cura voi delle vostre navi” – si riferiva alla petroliera catturata – e così ha escluso qualsiasi iniziativa americana di aiuto."
Pubblicato sul Foglio di martedì 23 luglio: https://www.ilfoglio.it/esteri/2019/07/23/news/il-flirt-iraniano-di-trump-266528/?fbclid=IwAR0Lhr6qZQ232S31TBJQckO5tErz2RJv8r8Qz4TTCtfrEprzlV5JmN5CGPU&paywall_canRead=true
Tratto da Facebook https://www.facebook.com/172477746626388/posts/507921573082002/
lunedì 22 luglio 2019
L’India è in viaggio verso la Luna (ilPost)
Scorta UE per Hormuz?
domenica 21 luglio 2019
Libia: battaglia finale?
venerdì 19 luglio 2019
Von der Leyen: “L'Europa dialoghi con la Russia ma da una posizione di forza” (laStampa)
Mi sembra intervista interessante, da molti punti di vista.
FMM
"(...) Dalla necessità di un “nuovo inizio” sul tema delle migrazioni alla volontà di «sfruttare meglio i margini offerti dalla flessibilità» per ciò che riguarda i criteri del patto di stabilità e di crescita, la presidente von der Leyen si annuncia come un’interlocutrice attenta alle preoccupazioni italiane. Non solo si oppone a qualsiasi forma di Ital-Exit, ma riconosce che «le differenze tra Sud e Nord dell’Europa, così come quelle tra Est e Ovest, vanno ricomposte evitando un’eccessiva emotività nel dibattito, che possa far sentire esclusi o respinti alcuni degli Stati membri». Anche sul caso che ha contrapposto il vicepremier italiano Matteo Salvini a Carola Rackete si è mostrata attenta a pesare le parole: «In tutto il mondo il dovere è salvare le persone dall’angoscia di trovarsi in alto mare, ma questo non significa che tutti debbano venire in Europa».
Pur riconoscendo che su alcuni dossier non è ancora in grado di offrire soluzioni e proposte – prima su tutte la questione catalana, che «intende approfondire in tutti i suoi dettagli» – von der Leyen ha assicurato che ascolterà molto e cercherà un approccio comprensivo nella soluzione dei problemi. Vale anche per Brexit: «L’accordo non è morto, se ci sono buone ragioni che il governo britannico vuole offrire all’Ue per un’estensione dei suoi termini, sono pronta ad ascoltarle». Le maggiori cautele le ha espresse a proposito della Russia di Vladimir Putin: «La Russia è nostra vicina e resterà la nostra vicina – ha detto - ma l’esperienza degli ultimi anni ci dice che il Cremlino non perdona alcuna debolezza, quindi l’Europa deve essere disponibile al dialogo da una posizione di forza». Trasparenza e contrasto alle fake-news: «Questa è la forza dei paesi liberi con la stampa libera».
La versione integrale dell’intervista concessa dalla Presidente Ursula von der Leyen alla Stampa e ad altri quotidiani europei (The Guardian, Le Monde, Sueddeutsche Zeitung e La Vanguardia) sarà disponibile nell’edizione di domani, 20 luglio."
https://www.lastampa.it/esteri/2019/07/18/news/von-der-leyen-l-europa-dialoghi-con-la-russia-ma-da-una-posizione-di-forza-1.37105568